mercoledì 26 settembre 2012


Vi metto il 6° capitolo :D Spero vi piaccia ^^
Buona lettura...



6. Scontro

«No. Rodolphus, ci servono, lo sai.» disse Bellatrix, con tono eccitato.
Sirius tenne stretta la bacchetta nel pugno sinistro e Marlene si alzò velocemente, tirando fuori anche la sua.
Dietro la cugina di Sirius e suo marito, Severus, lanciò in aria un incantesimo che circondò i cinque dentro il diametro di un grande cerchio.
«Ora non potrete Smaterializzarvi. Incarceramus.» gridò Bellatrix, ridendo di una risata folle.
«Protego.» bisbigliò Marlene, già tremante.
«Avada kedavra.» gridò Rodolphus.
Sirius si scansò appena in tempo poi prese Marlene per mano e dalla sua bacchetta scaturì un raggio di luce rossa che mandò il Lestrange sulla parete della grotta.
«Crucio.» fece la Black.
Sirius tirò Marlene giù e, quando si rialzò, lanciò un altro incantesimo che rimbalzò addosso a Severus.
La McKinnon, tremante, mosse qualche passo seguendo il ragazzo, quasi correndo su per il cumulo di sabbia e rovi che li separava dalla staccionata.
«Pietrificus.» balbettò, voltandosi verso i due Mangiamorte ancora in grado di contrattaccare.
«Avada Kedavra.» fece ancora Bellatrix.
«Giù.» ordinò Sirius, tirando la mano della compagna verso il basso.
Marlene inciampò e urtò un rogo con i braccio destro. Gemette per il dolore e fece forza sulle ginocchia per tirarsi su, chiudendo gli occhi per un mancamento alla vista del sangue che le colava dai vari tagli del braccio.
«Stupeficium.» gridò il Black, cercando di far recuperare tempo a Marlene. A Bellatrix bastò agitare la bacchetta per deviare lo schiantesimo, ridendo come una psicopatica.
«Crucio.» stavolta la maledizione che proveniva dalla bacchetta della coniuge Lestrange colpì Sirius, facendolo cadere e contorcesi per il dolore.
«Stupeficium.» fece Marlene, senza più riuscire nemmeno a vedere avanti, per via degli occhi bagnati.
Bellatrix cadde e la ex Corvonero ebbe il tempo di aiutare Sirius a tirarsi su.
«Andiamocene…» singhiozzò, tremando. Sirius annuì, un po’ scombussolato per via della maledizione.
I due si alzarono a fatica e superarono la barriera anti Smaterializzazione ed andarono via qualche secondo prima che un altro raggio verde li colpisse.
Si Materializzarono a casa di Sirius, a Londra.
Marlene sentì le gambe tremare al punto da non riuscire più a sorreggerla e si accasciò a terra, accanto al divano.
«Stai bene?» domandò Sirius, sedendosi di fianco a lei, col fiato corto. La strega fece ‘Sì’ con la testa in modo fin troppo veloce.
Sirius si avvicinò a Marlene e l’abbracciò, lisciandole i capelli con una mano.
Qualche minuto dopo, quando la strega si fu calmata, si accorse che il suo respiro era regolare e calmo così si sporse per guardarla in viso.
Le guance erano imperlate da una scia umida, le ciglia lunghe e nere tenevano piccole lacrime in trappola. Le palpebre e le labbra rosate erano chiuse e l’espressione, in totale, era angelica e rilassata.
Sirius sorrise poi fece una leggera pressione sulla sua spalla e si avvicinò al suo orecchio.
«Vuoi fermarti qui? Avverto tuo fratello? Vai in bagno, puoi sistemarti lì, ti do qualcosa di pulito.» Marlene batté le palpebre un po’ di volte poi annuì e si staccò dall’ex Grifondoro, con l’intento di infilarsi per qualche minuto sotto la doccia e levarsi di dosso l’odore acre di sangue e mettere in pratica sul suo braccio quello che, in un mese di Master al San Mungo, aveva imparato.
Quando uscì dalla doccia si sentiva molto più rilassata di prima e, sapendo che Sirius era a casa con lei, anche più tranquilla.
Il Black, per l’appunto, le aveva lasciato una sua vecchia maglia sul mobiletto del bagno che, ovviamente, Marlene non aveva chiuso. Era così abituata ad avere il suo bagno personale che non aveva mai avuto il pensiero di chiudersi a chiave dentro.
Indossò la maglia. Era bianca con il disegno di un drago sulla schiena.
Sirius era in cucina con un bicchiere di Fire Wisky in mano. Marlene entrò e si sedette accanto a lui, su uno degli sgabelli del mobile della penisola.
«Come ti senti?» le chiese il Black.
«Stanca.» rispose la strega, poggiando la testa sulle braccia. Sirius sorrise.
«Andiamo di là. Vieni.» fece lui, prendendo la mano della ragazza.
L’ex Grifondoro lasciò che Marlene prendesse posto per poi sdraiarsi accanto a lei e bearsi della sua vicinanza. Dal canto suo, la McKinnon, gli si accoccolò ancora di più.
«Cosa speravano di trovare nelle grotte giù alla spiaggia? Insomma, penso che Voldemort, dell’argento, se ne faccia ben poco.» osservò il Black.
«Non lo so.» mentì la strega.
«Ci sei rimasta male per la discussione di oggi pomeriggio? Non è che voglio nasconderti qualcosa, Lene, ma certe carte è meglio lasciarle coperte. Tanto lo sai che quello che sei per me, no?» chiese Sirius.
La figura di Marlene era immobile e rilassata come quando era poggiata a lui, accanto al divano, qualche minuto prima. I suoi respiri erano di nuovo regolari e le sue palpebre di nuovo abbassate.
Sirius sbuffò, bonario.
«Sei stanca, eh?» chiese retorico, senza aspettarsi risposta.
«Se tu fossi sveglia non te lo direi: mi dispiace di non essere stato sincero con te, fin dall’inizio. Avresti dovuto saperlo prima, quello che non devi sapere ora. Ed io, povero idiota, che continuo a parlare da solo.» continuò, senza togliere gli occhi dal profilo della sua ragazza.
Respirò profondamente, ancora una volta, poi si voltò a guardare il soffitto. Nel giro di pochi minuti crollò nel sonno anche lui.

Il primo lunedì del mese diede un brusco risveglio a tutti. Con il suo inizio sarebbero successe molte cose: in primo luogo, sarebbero tornati alla mente di tutti i ricordi dell’anno precedente, i pensieri su quei fortunati che, quel giorno, avrebbero cominciato le lezioni ad Hogwarts, al sicuro dalla guerra che scoppiava fuori.
Con quel lunedì alcune cose finivano, come il Master di Marlene, ed altre iniziavano come il corso di Auror.
La McKinnon era nella cucina della casa di Sirius, intenta a picchiettare un cucchiaino sul bordo del suo bicchiere di succo di zucca, con l’intento di far scendere ogni singolo chicco di zucchero all’interno della sua miscela.
Sirius, invece, entrava ed usciva dal bagno imprecando quando dimenticava di prendere qualcosa. Marlene ridacchiava ogni volta.
«Ei, io devo scappare. Ci vediamo alla riunione.» strepitò il Black, afferrando una salsiccia dal piatto davanti alla strega e dandole un bacio sulle labbra. La McKinnon rise.
«Se tu ti fossi alzato quando ti ho chiamato, non dovresti correre così.» gli gridò da dietro.
«Ci credo! Mi hai svegliato con un ora d’anticipo.» rispose Sirius, aprendo la porta.
«Pensavo che ti saresti preso una mezz’ora per continuare a sonnecchiare, non cinquanta minuti.» rise ancora lei.
«Simpatica.» fece lui, chiudendosi la porta alle spalle.
Sola.
Marlene si alzò da tavola e sistemò le cose della colazione, usando un incantesimo domestico per far lavare ed asciugare le varie stoviglie.
Nel frattempo tornò in camera da letto a prendere i suoi vestiti. Si sistemò e, una volta pronta, si Materializzò davanti all’ingresso principale di casa sua, a Silver.
«Matt? È tardi, sei pronto?» gridò, chiudendo la porta dietro di se.
«Non sei mica costretta a fare sempre da sveglia. Lascia che faccia tardi, così impara ad essere più…» cominciò Max, riflettendo sulla parola da usare.
«Un diplomatico Corvonero? Peccato che è uno scalmanato Grifondoro.» rispose Lene, sorridendo al fratello.
«Che hai fatto al braccio?» domandò il maggiore dei fratelli McKinnon, preoccupato.
«Oh, hem… Niente.» mentì sorridendo di nuovo e correndo verso la sua stanza.
«Che ore sono?» chiese Matt, uscendo dalla sua camera mezzo nudo, intento a stropicciarsi gli occhi.
«Le otto e un quarto.» rispose Marlene, mettendo la borsa in modo da nascondere il sangue sulla maglia.
«COSA?» gridò il gemello, in pieno panico. «Mi stai dicendo che ho già un quarto d’ora di ritardo?»
«Se ti sbrighi eviterai che diventi mezz’ora.» gridò Marlene, entrando nella sua stanza.
Arrivò al San mungo con un quarto d’ora d’anticipo. Altri dieci minuti e tutti i suoi compagni del Master erano lì.
«Buongiorno a tutti.» salutò un uomo anziano con la barba e i capelli grigi. «Ognuno di vuoi, oggi, diventerà l’assistente di un Guaritore più esperto, fino a quando questi non deciderà che siete pronti per lavorare da soli.» spiegò.
«Sei Marlene Dayane McKinnon?» fece una voce maschile.
La strega si voltò. Davanti ai suoi occhi c’era un uomo di circa trent’anni con i capelli castani e gli occhi neri.
«Sì.» rispose Marlene.
«Okay. Lavorerai con me. Seguimi.»  la ragazza camminò dietro all’uomo fino a quando non arrivarono nel suo studio, al quarto piano.
«Siediti, McKinnon.» le disse, gentile.
«Marlene, grazie.» rispose la strega, sedendosi di fronte al Guaritore.
«Io sono Jake Andrew e, come ti ho già detto, lavorerai con me.» si presentò.
«D’accordo.» rispose Marlene.
«Per oggi, voglio vedere come te la cavi con questi fascicoli. Devi compilarli tutti e, nel frattempo, voglio che tu mi accompagna in alcune visite.» disse il Guaritore. «E puoi chiamarmi Jake o Andrew, come ti senti più a tuo agio.» aggiunse. Marlene annuì e prese i fascicoli che l’uomo le aveva indicato per poi seguirlo fuori dall'ufficio.

martedì 25 settembre 2012


Salve :) Mi dispiace di non aver aggiunto nulla ieri... Spero di farmi perdonare con i seguenti capitoli numero 4 e 5 ^^
Buona lettura... <3




 4. A casa McKinnon

Settembre non tardò ad arrivare, portando con se le tipiche piogge che annunciavano l’autunno.
Dall’attacco a Mary erano già passati quindici giorni e in quel lasso di tempo erano avvenuti diversi cambiamenti.
In primo luogo, qualche giorno dopo che Marlene aveva iniziato il suo Master al San Mungo, il signor McKinnon aveva espresso il suo volere di stabilirsi definitivamente a Silver, città nella quale, solitamente, soggiornavano soltanto durante il periodo estivo.
I tre fratelli ne avevano discusso a lungo e, invano, avevano tentato di persuadere il padre dall’andare in Irlanda. Inutile dire che il recupero delle cose che stavano ancora nella villa alla periferia di Londra, era iniziato due giorni dopo.
Non era mancato l’aiuto da parte degli amici: Lily, Mary e i Malandrini si erano resi disponibili e avevano aiutato a impacchettare e rimpicciolire tutto così da poterlo trasportare a Silver senza dover faticare troppo.
Il giorno del trasloco erano tutti nella vecchia villa dei McKinnon alla periferia di Londra.
«Dove lo metto, questo, Lene?» chiese Remus, mostrando all’amica un vaso in terracotta lavorato.
«In quella scatola là: papà ci ha messo tutte le cose che possono rompersi.» rispose Marlene.
«Così se cade dobbiamo metterci tutti a lanciare incantesimi in quella scatola.» scherzò James, aiutando Lily a piegare alcuni lenzuoli.
«In camera tua hai preso tutto?» domando Matt alla sorella.
«Vado a controllare. Sirius, per favore, rimpicciolisci il pianoforte e posa quel vaso.» fece la strega, guardando il suo ragazzo che usava un vaso come palla nell’attesa di passarlo a Remus, incaricato di rimpicciolire le cose fragili.
«Ti vengo a dare una mano.» rispose il Black lasciando il manufatto all’amico e lanciando un incantesimo di rimpicciolimento al pianoforte.
La stanza di Marlene era quasi del tutto vuota, eccetto per le scatole ancora aperte, al centro della stanza. Alla finestra c’erano ancora le tende e dietro di lei, sulla scrivania ancora alla sua grandezza naturale, c’era un’altra scatola piena di cornici con foto.
«Devi ricordarmi di passare a trovare Lucy: non la vedo da quando è finita scuola e, in sette anni, non c’è mai stato un momento in cui non sono stata con lei.» commentò Marlene osservando una foto che la ritraeva proprio con la sua compagna di stanza e amica più cara tra le Corvonero.
«No problem. La tenda la devo rimpicciolire?»
«Se non vuoi lasciarla come cibo per le tarme, direi di si.» ridacchiò mentre il ragazzo la guardava di sbieco.
«Sei veramente infima.» Sirius agitò la bacchetta e la tenda lilla divenne piccolissima poi cadde a terra.
Nel giro di qualche ora, anche le ultime cose si trovarono impacchettate a dovere. Non restava che portarle a Silver.
La città sorgeva sulle rive dell’Oceano Atlantico, sulla punta più a sud dell’Irlanda.
La casa dei McKinnon sorgeva alla fine di una stradina laterale della Cittadella alta. Era circondata dal giardino e, oltre le mura del confine, si poteva facilmente raggiungere sia la scogliera dove c’erano i resti di un antico castello medievale, sia la spiaggia e le Grotte d’Argento, un tempo delle miniere. Il cancello di ingresso era in ferro battuto e sulle colonne ai lati c’erano dei corvi con le ali aperte, in piedi ciascuno su una palla in marmo blu.
La facciata della villa era bianca e il portone di ingresso, in legno chiaro, era rialzato da terra di cinque gradini.
Man mano che i ragazzi portavano i pacchi, questi, venivano appoggiati nell’atrio di ingresso dove l’elfo domestico li prelevava e ne sistemava il contenuto nelle rispettive stanze.
«La cosa più bella e che avrò la camera tutta per me per tutto l’anno.» scherzò Matthew dando una pacca sulla spalla del fratello maggiore.
«Non sai che scocciatura dover levare di mezzo tutta la roba che lasciavi in giro, Matt.» concordò Max.
«Ragazzi, volete fermarvi a cena? Estele si occuperà di preparare fuori.» disse il signor McKinnon, cercando di dare al suo tono di voce una sfumatura allegra.
«Volentieri, non credo di riuscire a muovermi senza prima mettere qualcosa sotto i denti.» rispose James sedendosi sul divano.
«Estele?» un elfo domestico femmina comparì davanti al padrone e si prostrò in un inchino profondo.
«Si, signore?» balbettò.
«Mostra a questi ragazzi dove possono rinfrescarsi.»
«Lily, Mary, venite in camera mia, potete usare il bagno lì.»fece Marlene, mostrando alle amiche la strada verso la sua camera.
Questa si trovava al terzo piano, lungo il corridoio di sinistra. Era una stanza ariosa con la portafinestra che portava su un balcone di modeste dimensioni con un tavolino, due sedie e tanti fiori colorati. Le tende e le pareti erano lilla il letto a baldacchino era grande e coperto di cuscini. Sui due comodini, ciascuno su uno dei lati del letto, ospitavano delle candele accese che, assieme alla luce del tramonto che entrava dalla portafinestra aperta, davano alla stanza un tocco rilassante.
Sulla parete accanto al letto c’era il grande armadio in legno chiaro, come il letto, e la specchiera. Sulla parete davanti al baldacchino, invece, c’era una scrivania a mobile con la libreria sopra piena di volumi vecchi e foto. Accanto ad essa vi era una porta con un disegno floreale che faceva da ingresso al bagno.
Marlene la aprì e lasciò che le due amiche entrassero con lei nella stanza da bagno. Anche questa era molto spaziosa ed ospitava una vasca da bagno più simile ad una piccola piscina, che ad altro.
«Wow. Non ero mai stata a casa tua. È veramente stupenda.» disse Lily, lasciando che il vapore che formava le spirali sopra l’acqua calda, dal profumo delicato di muschio bianco tipico di Marlene, la inebriasse.
«Peccato che è lontana da Londra.» rispose la McKinnon, chiudendo gli occhi, rilassata.
«Lene, posso farti una domanda?» fece Mary, guardando l’amica con occhi spalancati.
«Si, certo.»
«È un po’ che ci penso: è più di un anno che porti al collo sempre lo stesso ciondolo.» iniziò.
Marlene strabuzzò lo sguardo e, spontaneamente, la sua mano destra andò al collo come a voler constatare la presenza del ciondolo di cui l’amica stava parlando.
«Già, quello. Mi è familiare ma non ricordo dove ne ho sentito parlare. Cos’è?» domandò.
A quel punto anche Lily guardò Marlene.
La rossa, però, era l’unica che, assieme a James, Lucy e Matthew, conosceva il vero segreto di quel ciondolo. Silente, infatti, si era preoccupato di metter al corrente della faccenda anche i Caposcuola – Lily e James per Grifondoro e  Lucy e un ragazzo che Marlene conosceva solo di vista, per Corvonero – di  quell’anno che egli aveva visto più vicini a Marlene.
«Gliel’ho regalato io.» fece Lily, un po’ troppo velocemente perché Mary potesse davvero crederci.
«Mary, mi dispiace, ma non posso dirtelo. Ti prego, non farlo notare a nessun altro.» rispose Marlene, il più sincera possibile.
Qualche minuto dopo, le tre ragazze, erano sedute sul letto a parlare, nell’attesa della cena.
«Porti ancora quel bracciale?» chiese ad un tratto Mary, guardando Marlene con un sopracciglio alzato, scettica.
La strega alzò il polso al quale era allacciato un bracciale con pendenti a forma di cuori rossi e ciondoli a farfalla dove spiccavano le lettere M e S, ai due lati opposti, colorate in oro.
Glielo aveva regalato Sirius qualche giorno dopo una litigata.

«Vuoi stare con me?» chiese Marlene, trattenendo le lacrime.
«E sennò perché sarei qui?» rispose Sirius, guardandola arrabbiato.
«Bene. Ma non farò lo stesso errore che ho fatto la scorsa volta.» la strega si voltò e fece per andarsene.
«Cioè?» la fermò il Black.
«Stiamo insieme, ma io a letto con te, ora come ora, non ci vengo.» disse prima di correre via senza lasciare al mago alcun modo per replicare.
Sirius non cercò Marlene per i tre giorni successivi, non le diede nemmeno modo di chiedere spiegazioni. Fu lui a cercarla, appunto, tre giorni dopo.
«Marlene, posso parlarti?» fece, guardandola con orgoglio.
«Lucy, avviati: ti raggiungo fra qualche minuto, a cena.» disse Marlene, rivolta alla sua amica.
«Si. Se andate in giardino presta attenzione ai Tentarospi!» si raccomandò prima di voltarsi e saltellare via.
«Cosa sono i Tentarospi?» domando Sirius dopo qualche minuto di silenzio nel quale, i due, camminarono fianco a fianco verso i giardini.
«Non ho capito molto bene. Ogni tanto, Lucy, dà nomi a qualche nuova creatura che solo lei sa dove ha visto. Questo è una sorta di rana gigante con mille tentacoli velenosi che ti si attaccano addosso e ti succhiano via tutti gli organi.» spiegò Marlene.
«Che schifo…» rispose Sirius, facendo sorridere la strega.
Una volta raggiunto il solito albero, i due ragazzi, vi si sedettero sotto, l’uno accanto all’altra.
«Allora, cosa volevi dirmi?» chiese Marlene.
«Volevo darti questo.» rispose Sirius, porgendole un pacchetto, come sempre incapace di chiedere scusa per qualsiasi cosa.
Marlene lo guardò di sbieco poi sorrise e prese il pacchetto.
All’interno vi era un braccialetto con le loro iniziali, la S e la M, in oro.
«Wow. A cosa è dovuto?» chiese Marlene, continuando a sorridere come una bambina.
«Bé, sono sparito per tre giorni e… Insomma…» la strega sorrise vedendo il mitico Sirius Black in imbarazzo – sicuramente era una delle poche che poteva vantare di averlo mai visto in quella condizione! – , così  lo abbracciò.
«Grazie.» sussurrò prima che i due venissero travolti da un bacio.

«Che carino!» esclamò Lily, osservando il bracciale al polso dell’amica Corvonero.
«È stato troppo dolce.» fece Marlene, luminosa.
«Mary, hai visto cosa ha regalato Sirius a Marlene?» chiese la Evans.
«Si. Ha sbagliato! Se domani si lasciano lui ha solo buttato un mare di soldi. E poi, perché te lo ha regalato? Per farsi perdonare! Ti vuole comprare!» disse Mary, acida come non era mai stata.
Marlene e Lily la guardarono, sbalordite, poi la McKinnon abbassò lo sguardo, un po’ offesa.
«Mary, ma che diavolo ti prende? Sei cattiva!» la rimproverò Lily, mettendo una mano sulla spalla di Marlene. «Lasciala stare, Lene: si è alzata male. È stato un pensiero dolcissimo e sicuramente, se lo ha fatto, è perché ci tiene e gli dispiace di essere sparito dopo quello che vi siete detti!» la consolò poi, battagliera.

«Si può sapere che hai contro quel bracciale?» chiese Lily, riportando Marlene alla realtà.
«Lascia perdere. Cosa vogliamo fare?» rispose Mary, cambiando drasticamente discorso.


5. Chiacchiere
«I ragazzi saranno in camera di Matt, andiamo da loro?» propose Marlene.
«Andiamo a sentire di che parlano.» concordò Mary. Lily ridacchiò.
Le tre ragazze scesero dal letto e si incamminarono a piedi scalzi.
Il corridoio sul quale affacciava la camera di Marlene era spazioso e illuminato da finestre con tende color panna. Alla parete erano affissi dei ritratti di antichi componenti della famiglia McKinnon intenti a passeggiare da una cornice all’altra.
Le ragazze camminarono spingendosi e ridacchiando fino alla scala che separava il corridoio sinistro – dove c’era la camera di Marlene, lo studio e una piccola biblioteca – dal corridoio di destra che era sede di una camera per gli ospiti e le due stanze da letto di Matthew e Maximilìan.
A quest’ultimo apparteneva la seconda camera dopo quella degli ospiti.
La porta era aperta così le ragazze si affacciarono.
La struttura della camera era la stessa di quella di Marlene tranne per la portafinestra, qui sostituita da una semplice apertura.
Le pareti e le tende erano con il blu e ai muri erano appese diverse foto e la sciarpa con i colori di Corvonero.
Dopo aver sbirciato un po’, le ragazze, uscirono da quella stanza per passare a quella successiva, di Matt.
La porta era chiusa e da dentro provenivano risate e chiacchiere varie.
«Ascoltiamo.» bisbigliò Mary, poggiando per prima l’orecchio sul legno, seguita dalle altre due.
«… perciò non sono cose che vi riguardano.» concluse Sirius prima che altre risate e, probabilmente, cuscinate, riempissero la stanza.
«È inutile che cerchi di deviare il discorso, Sirius. La verità è che hai paura di dirlo!» fece James.
«Pensavo che dopo tutto questo tempo le avessi già parlato, Sir.» ridacchiò Matt.
«È inutile discutere con lui: non le dirà mai quella fatidica frase.» disse Remus con una voce che lasciava trapelare il divertimento.
«Ma la volete finire? Decido io quando dirle ‘ti… Cioè, James, vuoi dirmi che tu, alla Evans…?» fece Sirius, sulla difensiva.
«Sì, dopo quattro mesi.» rispose James.
«Tu sei matto! Adesso sei in suo potere, lo capisci?» fece il Black. I ragazzi risero.
«Ma dai, Sir, pensi davvero che mia sorella riuscirà a tenerti in potere dopo una semplice dichiarazione d’amore?» disse Max, ridacchiano.
«No, ma… poi dovrebbero essere scoperte altre carte e… No.»piegò Sirius, particolarmente in difficoltà. Matt cominciò a ridere.
«Okay, non vorrei interrompervi, ragazzi, ma… Lo sapete che non siamo soli?» fece il gemello McKinnon senza riuscire a contenere le risa.
«Per Merlino!» imprecò Mary. Lily e Marlene risero prima di essere tirate dall’amica lungo il corridoio e poi giù dalle scale.
Quando si fermarono sull’ultimo gradino avevano il fiatone e stavano ancora ridendo a crepapelle.
«Povero Sirius!» disse la MacDonald.
«Chissà di quali ‘carte’ stava parlando.» fece Marlene, tornando seria.
«Che ti importa? Tanto, di qualsiasi cosa si tratta, deve essere passata sennò non starebbero affrontando questo discordo, non trovi?» disse Mary.
«Non lo so… Qualsiasi cosa sia, se vuoi, provo a chiedere a James. Tu cerca di fartelo dire.» disse Lily.
A cena non parlarono molto, chi in imbarazzo per il discorso ascoltato, chi per aver fatto parte del discorso stesso.
Arrivata l’ora di congedarsi, Marlene fermò Sirius e lo trascinò giù per delle scale buie e strette che sbucavano in una stanza molto più bassa rispetto al livello della casa.
La strega tenne il ragazzo per mano e si fiondò ad aprire un grande portone in legno verde e lo tirò dietro sé, fuori.
La porta si apriva su una stradina stretta i cui margini erano definiti da altre case con porte molto simili a quella dalla quale erano usciti.
«Dove siamo?» chiese Sirius.
«Silver, fuori dalla Cittadella. Ti va di fare un giro?» chiese Marlene, camminando accanto a lui.
«Volentieri.»
«Sai andare a cavallo?» il mago lanciò uno sguardo poco decifrabile alla ragazza che, invece, sorrise dolce.
«È difficile?» si informò.
«No, non tanto.»

Il maneggio dei McKinnon non distava molto dalla casa se non una manciata di minuti nei quali, i due, approfittarono per scambiare qualche parola.
«Toglimi una curiosità: quanto hai sentito del discorso di oggi pomeriggio?» domandò Sirius.
«Abbastanza da sapere che mi stai nascondendo qualcosa e che farò tutto ciò che mi è in potere per scoprire cos’è. Sai che non mi piacciono i segreti.» il Black sbuffò.
«Se non ti ho detto qualcosa, c’è un motivo, Lene. Non cercare di scoprirlo perché finiresti solo per stare male.» disse, guardando in basso.
«Meglio soffrire vivendo nella verità, che sorridere in una bugia.»
«Questa dove l’hai letta?» ridacchiò il mago.
«Non ricordo.» fece Marlene, anche lei sorridente.
«Hai sentito altro?»
«Anche che non hai il coraggio di dirmi ciò che provi.»
«Non è vero che non ne ho il coraggio!» fece Sirius, offeso. «È che non è il momento adatto. E poi, scusa, non è che tu ti possa definire tanto coraggiosa – e sappiamo entrambi che non lo saresti comunque! – da avermelo detto.» la stuzzicò lui.
«Ma io posso farlo quando voglio! So quello che provo.» rispose la strega, sorridendogli dolce.
«Anche io so cosa provo.»
«Lo spero bene.» rise lei. «Eccoci, siamo arrivati.» aggiunse poi.
Una mezzora dopo, i due ragazzi, cavalcavano nella luce fioca della sera verso le rovine del castello Medioevale.
«Non mi raggiungerai mai.» gridò Marlene, ridendo mentre si accovacciava per prendere più velocità.
«Ti piace vincere facile, McKinnon?» rispose Sirius, imitando la ragazza e recuperando terreno.
«Fermati alla torre sennò fai un bel volo al mare!» disse la strega, scoppiando in una fragorosa risata.
«Okay, ci vediamo alla torre!» fece il Black, superandola.
Il primo ad arrivare fu proprio Sirius. Quando la ragazza lo raggiunse aveva le lacrime agli occhi per le risate.
«Ce ne hai messo di tempo.» la prese in giro lui.
«Ma se sei appena arrivato! Quanto ti sbatti, Black.»
I due si avvicinarono e si scambiarono un bacio a fior di labbra.
«Comincia ad essere buio.»commentò il mago, scrutando l’orizzonte ormai scuro.
«Già. Andiamo in spiaggia?» fece Marlene, facendo girare il cavallo.
«D’accordo ma non dobbiamo fare troppo tardi: non mi va che stai in giro di sera.»
«Si, andiamo. Basta corse, però.» Sirius annuì e fece trottare il suo cavallo accanto a quello della ragazza.
«Sto aspettando, io, McKinnon.» disse, guardandola.
«Cosa aspetti, Black?» chiese lei, dolce.
«Tu puoi dirlo quando vuoi, no?» Marlene sorrise e fece pressione sulla criniera dell’animale così che questo si fermasse. Sirius fece lo stesso qualche secondo dopo, così che i due si trovarono a guardarsi negl’occhi.
«Perché dovrei dirlo sapendo che tu non farai la stessa cosa?» chiese, seria.
«Non so cosa risponderti…»
«Se ne sei sicuro, allora, puoi anche decidere di scoprire quelle carte, no?»
«Dici così perché non sai.» disse il mago, più scontroso.
«Se non me lo dici dovrò scoprirlo.»
«Fai quello che vuoi.»
«Sirius? Non te lo dirò fino a quando non lo dirai anche tu.» bisbigliò Marlene mentre le guance le si imporporavano di rosso.
Sirius sorrise, sghembo.
«Contento?» domandò la strega.
«No, ma va bene lo stesso.» con una spinta del bacino in avanti, il mago, fece ripartire il cavallo continuando a trottare accanto alla sua bella.
«Silver… Da dove viene questo nome?» chiese il ragazzo, dopo qualche minuto.
«Le vedi quelle grotte lì?» Sirius annuì. «Erano delle miniere d’argento. Vogliamo andarci?»
«Va bene.» Marlene scese dal cavallo e lo tirò verso sé con mettendo in tensione la corda per legare entrambi gli animali alla staccionata e farli stare un po’ a riposo.
Il Black osservò attentamente i movimenti della ragazza per poi duplicarli fedelmente.
Si allontanarono dallo steccato camminando sulla sabbia mano nella mano. La strega stringeva nella mano libera le scarpe che aveva tolto per lasciare i piedi nudi contro il suolo.
Sirius osservò attentamente la grotta alla quale si dirigevano e tirò a sé Marlene non appena vide delle ombre muovervisi all’interno.
«Schhh. Non dire niente. C’è qualcuno.» bisbigliò l’ex Grifondoro, senza lasciare la mano della ragazza che, invece, strinse la presa fino ad avere le nocche bianche.
«Non è qui, Bella.» fece la voce di un uomo.
«L’Oscuro Signore lo vuole! Trovalo, Severus.» disse la donna. Bellatrix Lestrange.
Marlene si portò una mano al collo e tenne stretto il ciondolo. Sapeva cosa cercavano: era l’unica cose che potevano volere a Silver.
«Deve averlo qualcuno, no? Mulciber non è riuscito a farsi dire niente da quella Mary? Ha detto che sarebbe stato facile farsi dire dov’era da lei. Ha una paura folle che lui le faccia rivivere i momenti a scuola, non è quello che ha detto anche Avery?» commentò un’altra voce, probabilmente di Rodolphus Lestrange.
«Torniamo, qui non c’è niente.» disse ancora Piton.
«Dici, Severus? A me, quello lì sembra proprio un traditore del suo sangue.» fece Bellatrix, in direzione della ex Corvonero e dell’ex Grifondoro.
«Morgana!» imprecò Sirius, prima di scansare Marlene con una spinta, facendole evitare un raggio di luce verde che l’avrebbe colpita in pieno petto.

domenica 23 settembre 2012

Nuovo capitolo :)
Buona lettura... 
3. San Mungo

«Calma, Lene. Una crisi di panico è l’ultima cosa che ci serve.»
«Devo chiamare Matt.» rispose Marlene, ansiosa.
«Lo avrà avvertito l’Ordine, sia a lui che a Max. Ora andiamo. Dammi la mano.» Sirius sorrise incoraggiante e non appena si toccarono si Materializzarono davanti al magazzino che faceva da copertura all’ospedale San Mungo.
Si spiccirono ad entrare ed in breve tempo si trovarono al quarto piano della struttura, riservato a ferite da incantesimi.
«Come sta Mary?» chiese Marlene.
«I Guaritori dicono che è un po’ scombussolata, ma tutto sommato sta bene. Fortuna che Benji si è trovato lì, altrimenti quel maledetto l’avrebbe uccisa.» spiegò Fabian, abbastanza posato.
«È stata fortunata perché ce ne stava soltanto uno.» aggiunse Dorcas, piatta.
«Lo avete riconosciuto?» chiese Sirius.
«Credo che fosse Mulciber.» rispose Benji. 
«Per quale motivo, MacDonald, era da sola? Per giunta a quell’ora!» si intromise Malocchio, burbero.
«È colpa mia, avrei dovuto insistere per accompagnarla.» disse Remus, malinconico, seduto su una delle sedie accanto al muro.
«Quando possiamo vederla?» chiese Marlene, più calma di prima.
«Dicono che sta bene, ma deve riposare. La tengono qui tutta la notte.» le rispose cordialmente Lily.
«Domani pomeriggio,alle quattro in punto, voi sapete dove.» bisbigliò Malocchio, guardandosi attorno persino mentre parlava. Dopodiché si avviò zoppicando verso le scale.
«Su, Moony. Avrei potuto accompagnarla anche io. Non è colpa tua.» disse James avvicinandosi all’amico. Remus sbuffò.
Si sedettero tutti quanti, in silenzio. Verso le due della notte, Marlene, si rese conto di tremare.
Voleva alzarsi e fare un giro. Matthew non era venuto e già questo le metteva agitazione. Forse non avevano chiamato né lui né Max, oppure non erano potuti venire.
Ad ogni modo si alzò e si avviò verso le scale, intenta a raggiungere il quinto piano dove c’era la sala da tè.
«Dove vai?» le chiese Sirius con voce impastata dal sonno.
«Vado a prendere qualcosa per calmarmi. Credo di avere freddo.» le rispose Marlene, dolcemente.
«Vuoi che ti accompagno?» Marlene guardò verso le scale. Sì, forse era meglio se stava con Sirius. Magari gli avrebbe potuto chiedere di mandare un Patronus a suo fratello.
«Sì, grazie.» rispose quindi.
Il mago si alzò e affiancò la ragazza, stiracchiandosi man mano che camminava.
«Puoi mandare un Patronus a Matt, per favore?» chiese Marlene una volta che si furono seduti ad uno degli innumerevoli tavoli vuoti, con una burrobirra davanti.
«Ancora non riesci a farli?»  ridacchiò Sirius.
«Non mi vengono quasi mai. Ai M.A.G.O., non so come, mi è venuto.» sorrise lei.
«Okay, gli mando un Patronus.» Marlene gli sorrise di nuovo poi prese la sua borsa e vi frugò dentro. Magari con una sigaretta Babbana si sarebbe calmata un po’.
«Ancora con quella roba? Non credo si possa fumare qui dentro.» la rimproverò Sirius.
«Vengo fuori con te, tanto devi mandare il Patronus, no? Puoi farlo da fuori.» propose lei, alzandosi e rimettendo la borsa in spalla.
Accese la sigaretta e aspirò la prima folata di fumo prima di seguire Sirius verso le scale che portavano sull’attico, vuoto.
«Expecto patronum» disse Sirius. Dalla punta della sua bacchetta uscì un grosso cane argentato che corse subito via.
Quando il mago si voltò sorrise involontariamente. Marlene era appoggiata ad un caminetto che per ovvi motivi era inutilizzato. Fra l’indice e il medio destro teneva la sua sigaretta Babbana che a tempi alterni portava alle labbra. Guardava il cielo.
«Quando hai intenzione di levarti questo vizio?» le chiese, bonario, prima di prenderle la sigarette e aspirare lui stesso.
«Quando sarò incinta.» ridacchiò lei.
Sirius aspirò l’ultima volta poi gettò per terra il mozzo e lo schiacciò.
«Torniamo dentro?» chiese poi. Marlene annuì e lo seguì.
Una volta seduti di nuovo bastarono pochi secondi prima che cadessero entrambi nel sonno.
Quando riaprirono gli occhi era mattina.
«Marlene» chiamò Lily, entusiasta. «Mary si è svegliata e hanno detto che possiamo entrare.»
Marlene aprì gli occhi di scatto e si alzò in piedi, più sveglia che mai. Sorrise e seguì Lily dentro la stanza.
Mary era seduta, guardava fuori da una finestra.
«Mery?» bisbigliò Marlene, incerta.
«Ei. Venite.» le invitò la strega, con un sorriso tirato.
«Come stai?» le chiese Lily.
«Bene. Ha detto che mi troverà…» rispose Mary, guardando in basso.
«Vedrai che andrà tutto bene.» cercò di consolarla la Evans.
Dopo di loro entrarono gli altri, tutti a gruppi di due. In breve tempo si fece ora di pranzo.
«Cavolo.» imprecò Marlene battendosi una mano sulla fronte.
«Cos’è successo?» le chiese Sirius, pacato.
«Io alle tre ho l’esame! E alle quattro c’è la riunione. Non ce la farò mai.» si lamentò.
«Ei, scusate per il ritardo. Papà mi ha trattenuto con miliardi di domande e non sono riuscito ad arrivare prima.» salutò Matt, col fiatone. «Come sta?» chiese poi.
«Meglio. È sveglia.» rispose Gideon.
«Riunione alle quattro, tu sai dove.» disse Dorcas prima di alzarsi, mettersi la borsa in spalla e salutare tutti con un cenno della mano.
«Dor, ti accompagno?» le andò dietro Fabiano. «Ciao a tutti.» salutò prima di sparire lì dov’era sparita anche Dorcas.
«Mio fratello è cotto.» disse Gideon, provocando l’ilarità collettiva.
«Lene, tu come fai con l’esame?» chiese Matthew.
«Ah, non ne ho idea. Penso che farò tardi.»

Mancavano pochi minuti prima che l’esame avesse inizio. Nell’enorme aula a gradoni vi erano un sacco di maghi e streghe pronti a dimostrare le loro qualità.
Marlene tirò un grosso respiro. Sirius e Matt l’aspettavano al quinto piano dell’ospedale.
«Spero che siate tutti pronti. Come sapete le ammissioni sono a numero chiuso. Ci vuole un certo punteggio per essere ammessi. Chi non ci riesce potrà sempre riprovare a settembre.
«Ora: avete sessanta minuti di tempo dopo i quali le vostre penne – anti copiatura! – non scriveranno più. In bocca al lupo.» spiegò un Guaritore anziano con grossi baffi grigi.
«Potete iniziare.» convenne una strega che probabilmente era l’assistente del Guaritore.
Marlene voltò il foglio di corsa e tirò un altro respiro.
Nome? Facile: Marlene Dayane McKinnon.
Patronus? L’ultima volta era una farfalla. Ma a cosa diavolo può servire una domanda del genere, si chiese la strega.
Passò oltre e riuscì a rispondere con naturalezza a tutte le domande su Erbologia, si ritrovò un po’ incerta su alcune pozioni e su alcuni incantesimi ma era abbastanza soddisfatta.
O meglio, lo era fino a quando il Guaritore non avvertì dello scadere del tempo.
Era sicura di averle sbagliate tutte.
«Perfetto. Fra quindici minuti troverete i risultati affissi fuori dalla porta. Arrivederci.»
Tutti si alzarono e si avviarono all’uscita.
«Com’è andata?» le chiese Matt non appena ebbe raggiunto il quinto piano, con aria desolata.
«Non lo so. Non ero sicura su alcune pozioni e incantesimi.»
«Sarai andata benissimo, come al solito.» le sorrise Sirius prima di darle un bacio per il quale Matt sbuffò sonoramente.
«È tardissimo.» convenne il McKinnon circa dieci minuti dopo.
«Malocchio ci ucciderà.» concordò il Black.
«Okay, vi lascio deprimere. Vado a vedere se sono usciti i risultati.» disse Marlene, ridacchiando sotto i baffi.
Scese le scale lentamente, senza badare ai suoi compagni di esame che scendevano le scale di corsa o tenendosi per mano come incoraggiamento.
Davanti alla porta c’era un sacco di gente. Alcuni piangevano addirittura.
Marlene tirò un altro respirò e notò Matt e Sirius fermi accanto alle scale, ad aspettarla.
Si fece strada tra la piccola folla. Non erano in ordine alfabetico.
Sarah Giulie Roberts, novantatre su cento. Ammessa.
 Micael Poul Howell, ottantasette su cento. Ammesso.
Stephan Radley, sessantanove su cento. Non Ammesso.
Deglutì sonoramente. Dove diavolo era il suo nome?
Marlene Dayane McKinnon, novantasette su cento. Ammessa.
Fece qualche saltino sul posto ridendo felice poi corse verso suo fratello.
«Novantasette su cento. Mi hanno presa!» gridò. Matt rise e l’abbracciò di slancio facendola sollevare da terra.
«Te l’avevo detto.» si complimentò Sirius abbracciandola.
«Okay, scappiamo.»

L’Ordine si incontrava ad Hogwarts, approfittando dell’assenza degli studenti per le vacanze estive.
«Alla buon ora, McKinnon al quadrato e Black.» li sgridò Malocchio.
«Scusate, è stata colpa mia. Avevo l’esame al San Mungo.» si scusò Marlene prendendo posto tra il gemello e il ragazzo.
«Ah, giusto. Me ne ero completamente dimenticata. Com’è andato, cara?» s’informo Lily, sorridendo gioviale.
«Sicuramente bene. Lene è una secchiona Corvonero.» ridacchiò James prima di essere catapultato giù dalla sedia da un incantesimo non verbale.
Dorcas sorrise sghemba e soffiò sulla punta della sua bacchetta prima di rimetterla sotto il mantello.
«Attento a come parli della mia casa, idiota.» disse, serafica.
Una risata generale riempì la stanza.
«Lily! Non dovresti ridere se il tuo ragazzo viene buttato giù dalla sedia da uno schiantesimo.» convenne James, ancora per terra intento a massaggiarsi la testa, offeso.
«Io, a Dor, le lascio tutta la mia eredità solo perché l’ha fatto.» rise Lily. Dorcas fece un mezzo inchino prima di ridacchiare anche lei.
«Allora, Lene? Com’è andata?» chiese Mary.
«Bene. Novantasette su cento. Ammessa.» spiegò sorridendo radiosa.
«Wow, complimenti.» fece Remus, sorridendo.
«Propongo un brindisi!» gridò Gideon, giulivo.
«Sì, è tutto stupendo. Prewett, se non ti siedi giuro che faccio aderire quel maledetto sgabello al tuo cu…» cominciò Malocchio, burbero, prima di essere interrotto dalla professoressa McGranitt che si schiariva la voce.
«Spero che non vi dispiaccia se rimandiamo il nostro brindisi a più tardi, vero signor Prewett?» intervenne Silente, serafico, osservando tutti da dietro i suoi occhiali a mezzaluna.
«No, no.» rispose Gideon, sedendosi composto.
«Innanzi tutto vorrei complimentarmi con Marlene per il suo esame.» iniziò il preside.
«Grazie.» sorrise lei.
«Sicuramente ci sarà molto utile un collegamento con l’ospedale.
«Purtroppo sono costretto ad avvertirvi che i vostri turni di guardia verranno raddoppiati. Non girate mai da soli.» aggiunse guardando Mary.
«Non ci sono coppie che andranno a guardia assieme. Chiaro?» aggiunse Malocchio.
«Ma non è giusto.» lamentò James prima di ricevere un sonoro scappellotto dalla sua metà.
«Potter, tu con Meadowes.» comunicò l’Auror.
Dorcas sorrise trionfa e James quasi cadde di nuovo dalla sedia.
«È un piacere, Potter.» lo scimmiottò la strega.
«Black con McKinnon.»
«Ei, non vale. Hai detto niente coppie!» si intromise Gideon.
«Non credo che Black e Matthew McKinnon abbiano una storia d’amore, signor Prewett.» rispose la professoressa McGranitt.
«Evans e McKinnon, Marlene McKinnon; MacDonald e Alice Prewett e Paciock con l’ultimo McKinnon. Prewett, insieme.» Malocchio continuò a fare coppie per ancora un buon quarto d’ora prima che la riunione venisse ufficialmente chiusa.

sabato 22 settembre 2012

Buon pomeriggio :) è un po' che non vi lascio storie, vero? Mi dispiace ma mio fratello si è preso il computer e non lo ha abbandonato fino ad ora :p

Dopo aver letto queste storie, avrete sicuramente capito un po' il mio genere e, quindi, ho deciso di cominciare con una storia a capitoli. Per ora pubblicherò quando posso poi, una volta giunti ai capitoli che non ho ancora finito di scrivere, ci sarà un po' di più da attendere ma spero che comunque continuerete a leggere :D

La storia che vi propongo, quindi, è a capitoli XD Essa narra di alcuni personaggi di Harry Potter tra i Malandrini ma, più di tutti, una famiglia che ho creato io (eccetto per il cognome e il nome della protagonista, proprietà di J.K.Rowling): i McKinnon.
Sono sicura che, leggendo la storia, prima o poi riuscirete a capire Marlene :)
 Vi lascio il prologo - decisamente incomprensibile xD - è il primo capitolo ^^

Buona lettura...





The Silver Water
1. Prologo
Espirò cauta, lasciando che una nuvola di fumo uscisse dalle sue labbra dischiuse. Con un fluido movimento del polso tornò a portare la sigaretta Babbana alle labbra e tirò ancora.
Erano passati due mesi da quando si era diplomata con il massimo dei voti nelle materie che aveva scelto dopo i G.U.F.O , e ancora non le sembrava reale, trovarsi al centro di una guerra troppo grande per lei.
Dopo la fine della scuola, Marlene e il suo gemello Matthew, erano tornati nella casa a Silver, una cittadina quasi interamente popolata da maghi. I Babbani che vi vivevano si erano, ormai, abituati alla stramberia dei loro concittadini.
Al rientro a casa, i due neodiplomati, avevano rivisto Maximilìan, il loro fratello maggiore e loro padre, Conrad McKinnon, un uomo che aveva smesso di sorridere lo stesso giorno che la sua amata moglie aveva smesso di vivere per mano di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, Dayane McKinnon.
A riguardo dei suoi tre figli vi erano tante cose da dire: il suo primogenito, appunto Maximilìan, era stato un Corvonero esemplare come da tradizione per la loro famiglia, e così era stato anche per Marlene. L'altro suo figlio, Matthew, era stato un Grifondoro. Sicuramente un mago con fegato da vendere, quasi certamente uno di quelli che si sarebbe schierato in prima fila per combattere la guerra contro l'Oscuro Signore, un più facile bersaglio per i Mangiamorte, per così dire. Aveva seguito le orme del fratello maggiore, anche lui Auror e stratega impeccabile.
In quanto a Marlene non si poteva certo dire che il coraggio fosse il suo forte. Forse troppo sensibile e facile vittima del panico. Sicuramente meno visibile, dalla sua seconda fila. Perfetta, per così dire, per il compito che Silente le aveva affidato.
Attorno a Silver, la suddetta cittadina all'estremo sud dell'Irlanda, giravano un gran numero di leggende. Una di queste menzionava di uno strano Elisir dai magici poteri, conosciuto come Acqua d'Argento. Esso era in grado di guarire dalle più gravi ferite con una sola goccia del suo liquido e in grado di rendere immortale con cinque.
Quest'acqua era conservata in una piccolissima ampollina, tenuta al sicuro al collo del suo Custode il quale, se ne avesse bevuta anche solo una goccia, sarebbe morto all'istante.
Non tutti, ovviamente, credono all'esistenza di questo particolare intruglio. Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominto non era fra questi: lui ci credeva eccome.
Silente, comunque, aveva radunato un esercito detto l'Ordine della Fnice, il quale, sotto la sua guida, combatteva l'Oscuro Signore lontano dal Ministero della Magia.
Fra i coetanei dei gemelli McKinnon vi erano i compagni di Casa di Matthew: James Potter, figlio di altri due Auror, Charlus e Dorea Potter, Lily Evans, figlia di Babbani fidanzata con il primo, Sirius Black, rampollo diseredato di una delle più Nobili ed Antiche Casate Purosangue, Remus Lupin e Peter Minus, Emmeline Vance e i fratelli Edgar ed Amelia Bones, Alice Prewett e il suo fidanzato Frank Paciock.
Non mancavano, certo, membri più grandi di loro. Basti nominare i gemelli Prewett che avevano frequentato Hogwarts nella Casa Grifondoro negli stessi anni in cui Maximilìan, anche lui membro dell'Ordine, e Dorcas Meadowes erano nella Casa di Corvonero. C'erano  anche Dedalus Lux, Sturgis Podmore, Kingsley Shacklebolt, Caradoc Dearbone, Benji Fenwick e l'insegnante di Trasfigurazione ad Hogwarts e il Guardiacaccia della stessa scuola: Minerva McGranitt e Rubeus Hagrid.
Marlene, gettò la sigaretta nel portacenere ed osservò i ghirigori di fumo che ancora vi uscivano. Guanrdò per un istante oltre alla finestra e poi legò i capelli in uno chignon un pò disfatto e si avvicinò allo specchio sulla parete di fronte al suo letto.
Aveva gli occhi gonfi di pianto dopo l'ennesima litigata con quello che da un anno a quella parte, senza contare tutte le volte che avevano litigato e non si erano parlati per giorni interi, era il suo ragazzo: Sirius Black.
Si erano conosciuti ad Hogwarts e ci avevano girato attorno per due anni. Lei, come molte altre ragazze, era attratta da lui. All'inizio al Black non interessava minimamente, poi si era appassionato alla sua amica, Mary MacDonald, e alla fine aveva concluso una sorta di storia con Marlene, al finire dell'estate precedente.
Mary e Marlene erano l'esatto opposto: la prima alta, capelli corti e corvini, occhi scuri e profondi e un carattere spontaneo e pimpante, la seconda aveva i capelli lunghi e biondi, gli occhi di un azzurro cobalto quasi spento, forse unico particolare che la distingueva dai due fratelli, entrambi i quali sfoggiavano occhi azzurro cielo.
Mary era Grifondoro, Marlene Corvonero.
Chiuse gli occhi e li riaprì decisa a distrarsi e iniziare a studiare per l'esame. Voleva diventare Guaritrice, e la strada era ancora lunga.

2. Amici
Mise silenziosamente un piede sul primo gradino e quando il tacco della scarpa risuonò al contatto col pavimento, si guardò attorno, circospetta. Prese un lungo sospiro e accostò meglio la borsa al collo, poi riprese a scendere silenziosamente. Cercò di toccare tutti i gradini solo con la punta, evitando quindi di far rumore con i tacchi. E ogni volta che faceva rumore, puntuale, si voltava a controllare. «Dove diavolo vai?» tuonò la voce di Matthew , all’inizio delle scale.«Shhhh. Fai silenzio.» rispose Marlene, tornando a guardasi intorno, circospetta.
«Dove diavolo vai?» ripeté suo fratello, in un bisbiglio.
«Esco.» rispose lei, ovvia. Matthew trattenne un ghigno e tornò a guardare la sorella.
«Ma dai. Non l’avevo capito. Dove vai?»
«Hem… Riunione con Silente. Sai, il ciondolo, bla bla. Non fare rumore, non voglio che papà si accorga che sto uscendo.»
«Silente? Ti accompagno. Infondo ho il compito di supervisionarti.» rispose il biondino, sorridendo sghembo.
«Okay, vado da Sirius. Contento?»
«No, per niente. Che ci vai a fare da lui alle nove e un quarto di sera?» tornò serio il ragazzo. «E poi, il tuo cavaliere ha intenzione di venirti a prendere o vuole che ti fai la strada da sola?»
«Il mio cavaliere, se ricordi bene, non sa niente del ciondolo quindi come può pensare che io corra rischi Materializzandomi a casa sua?»
«Cazzo, Marlene. Ma per chi mi hai preso? Lui non sa che stai andando da lui, vero? Ti ho sentita, l’altro giorno. Perché avete litigato?» Marlene sbuffò e poggiò l’intera pianta del piede per terra.
«Non me lo ricordo. Ora posso andare?»
«Ti accompagno.» disse Matthew, secco, avviandosi al portone e afferrando dall’attaccapanni la sua giacca di pelle nera. Marlene alzò un sopracciglio, scettica, poi lo seguì sbuffando. Sapeva che discutere con suo fratello non portava mai alla sua vittoria, se non ad un rispettivo lancio di piatti e incantesimi per tutta casa.
«Dove andate?» chiese Maximilìan, affacciandosi dal salone.
«Usciamo.» risposero i due in coro mentre Matthew si apprestava ad aprire il portone.«Eh, no. Vengo con voi. Io non ci voglio restare a casa con papà!»
«Ma perché non sono figlia unica?» chiese Marlene, retorica, osservando il fratello maggiore prendere la giacca ed uscire dietro all’altro fratello.
Una volta fuori furono avvolti dal venticello serale. Settembre si avvicinava e con il suo arrivo sarebbero cominciati di corsi di Auror per Matt, Sirius e i Malandrini.
«Meta?» chiese Max, lasciando che la sorella lo prendesse a braccetto.
«Casa di Sirius.» rispose suo fratello, nervoso. Entrambi i due ragazzi scattarono al primo rumore, alle loro spalle.
Marlene sentì il cuore accelerargli nel petto e le gambe non riuscire più a reggere il suo peso. Si strinse convulsamente al braccio del fratello maggiore mentre questo sfoderava la bacchetta e lanciava uno sguardo d’intesa a Matthew, che già stringeva la bacchetta.
Un gatto.
Max ridacchiò. «Siamo diventati tutti troppo apprensivi.» disse.
«Smaterializziamoci.» tagliò corto Marlene, con ancora le mani tremanti.
Si tennero stretti e, dopo il consueto strappo all’ombelico, tipico della Materializzazione, si trovarono in una via laterale della White City, a Londra. Davanti a loro una serie di villette.
Un po’ più in là, su Australia Road, una ringhiera azzurra li separava da alcune palazzine. Entrarono per il cancello aperto e seguirono il vialetto costeggiato da alberi. Superarono il primo condominio ed aprirono il portone del secondo con un banale incantesimo. L’appartamento di Sirius era al terzo, nonché penultimo, piano.
Dall’interno provenivano diverse voci, segnale che il giovane mago non era solo.
Marlene bussò ed aspetto che qualcuno li venisse ad aprire. A farlo fu Remus.
«Ciao, Marlene. Matt, Max.» salutò cordiale lasciando che i tre entrassero.
Davanti ai loro occhi si aprì il salone. La parete di destra era coperta da un mobile lungo e sottile, formato da diverse mensole e scompartimenti chiusi e a vetrina. Sulla mensola bassa vi era un televisore Babbano. Sull’altra parete era poggiato il divano a penisola, pieno di cuscini, occupato da uno scandalizzato Peter, intento a mangiare patatine direttamente dalla busta. Le pareti erano candide e riempite qua e là da cornici con foto. Sulle mensole vi erano altre cornici, più piccole, modellini di motociclette – Sirius ha sempre avuto un debole per le motociclette! – e qualche libro qua e là. La vetrina ospitava una scacchiera in vetro e due mensole vuote. Oltre il salone si scorgeva la vetrata che dava sul balcone.
La portafinestra era aperta e da fuori provenivano altre risate. Marlene entrò e appese il suo giacchetto all’attaccapanni dietro la porta. Max e Matt la imitarono.
«Ei, ciao Peter.» salutò Marlene, dolce, posando un bacio sulla guancia rosea del giovane mago, ancora seduto sul divano. La strega si guardò attorno.
All’angolo accanto alla vetrata vi erano ancora delle scatole, segno che da quando era andata dal suo ragazzo l’ultima volta, lui non si era ancora scomodato a finire di sistemare la sua roba. «Ciao, Rem.» salutò Matthew, pimpante. Marlene sorrise e si avviò in balcone. Fuori c’erano Frank, James e Sirius. Il primo era seduto al tavolino con un bicchiere di Fire Wisky, il secondo in piedi accanto alla ringhiera, intento a ridere a crepapelle col terzo, che, a sua volta, stringeva la bottiglia di wisky in una mano.
«Buonasera.» salutò Marlene sorridendo ed avvicinandosi a dare un bacio sulla guancia a Frank, uno a James e uno sulle labbra a Sirius.
«Ciao Lene.» salutò James, ridacchiando.
«Come mai qui?» chiese invece il Black.
«Bhè, non ci vediamo da tre giorni e ho pensato di venire a fare un salutino.» disse la strega, sorridendo.
«Lenee» gridò Lily, venendo dal salone. Probabilmente era in cucina.
«Lily» rise Marlene andandole in contro ed abbracciandola.
«Lene, come stai?» chiese Lily, allegra e dolcissima, come sempre.
«Bene, tu?» rispose la bionda, sorridendo radiosa.
«Bene. Vieni in cucina, c’è anche Mary.» Marlene lanciò un’occhiataccia al suo ragazzo, che sorrideva, e seguì l’amica oltre la porta nello stesso istante in cui Matt era uscito fuori, accolto dalle grida di benvenuto dei suoi ex compagni di casa e stanza ad Hogwarts.
«Marlene» salutò Mary, sorridendo felice, andando in contro all’amica per salutarla con un abbraccio.
«Ciao Mary»
La serata passò ricca di risate ma ben presto giunse alla conclusione così quasi tutti gli ospiti si congedarono.
Marlene era in cucina a sistemare, mentre lei posava le pentole e i piatti già asciutti, le stoviglie sporche si lavavano da sole nel lavandino, e quelle bagnate si asciugavano sul tavolo. Nell’altra stanza sentiva ancora Sirius ridacchiare con i suoi fratelli mentre sistemavano il salone. Le scivolò un coltello da mano e si tagliò un dito.
Mugugnò un lamento e portò il dito lesionato prima alla bocca e poi sotto l’acqua fredda. Sbuffò poi, senza togliere il taglio da sotto il flusso d’acqua, prese un bicchiere dallo stipetto e vi versò l’acqua del frigorifero Babbano dentro. Chiuse l’acqua e si avvicinò al tavolo, sorseggiando l’acqua fredda.
«Tutto bene?» chiese Matthew, affacciandosi con una ciotola e dei piatti sporchi in mano.
«Si, è solo un taglietto.» rispose Marlene prima di prendere le cose da mano al fratello ed aggiungerle a quelle che si stavano lavando da sole.
«Max deve andare.»
«Okay.»
«Posso fidarmi a lasciarti qui?» domandò nervoso ed insicuro allo stesso tempo. La strega sorrise.
«Si.»
«Il ciondolo?» Marlene mise una mano al collo e mostrò al fratello l’ampollina contenente un liquido argentato.
«Okay.» concluse poi. «Ho l’esame, domani alle tre. Mi accompagni?» chiese la bionda, sorridendo serafica.
«Si. Sei sicura di non voler tornare a casa con noi?» Marlene rise.
«Stai tranquillo.» si avvicinò e lo abbracciò.
«Matt, sbrigati. Devo andare. Marlene, fai la brava.» disse Max entrando in cucina e abbracciando la sorella.
«Ei, passo la notte qui, non sto andando in guerra.» ridacchiarono poi i due fratelli si avviarono alla porta e si congedarono in breve tempo.
Sirius entrò in cucina poco dopo, posò i bicchieri nel lavandino e si avvicinò alla sua ragazza.
«Perché non mi avevi detto che venivano gli altri, stasera?» chiese Marlene, alterata. Il Black le si avvicinò ancora e la chiuse tra sé e il tavolo.
«Non avevo voglia di scrivere.» rispose sottovoce.
«Ah, davvero? Ma guarda un po’. Per Mary avevi voglia, invece?» Sirius sbuffò e si allontanò da lei, prese alcune stoviglie asciutte e le rimise a posto.
Marlene dapprima l’osservò scettica, poi uscì dalla cucina, percorse il corridoio ed entro nella camera da letto del suo ragazzo. Il letto era in disordine, segno che non c’era stato per tutto il giorno. Sulla scrivania vi erano delle buste chiuse ed alcuni biglietti aperti. La strega si avvicinò e ne sfogliò alcuni. Uno era di James, avvertiva del suo arrivo quella sera. Uno di Remus e uno, quasi nascosto sotto a gli altri, era firmato da una certa Katia. Diceva: Buongiorno, tesoro. Non vedo l’ora di rivederti, mi manchi tanto.
La giovane lesse e rilesse quel biglietto circa una dozzina di volte poi partì a passo di carica verso il portone.
Sirius uscì dalla cucina al suo passaggio e le andò dietro. La osservò prendere la giacca dall’attaccapanni, infilarsela ed aprire la porta.
«Dove vai?» chiese. Non ottenne risposta se non il rumore della porta che sbatteva sui cardini. Sbuffò e la riaprì, pronto a scendere le scale dietro a Marlene.
«Ti vuoi fermare e mi spieghi cosa diavolo t’è preso?» sibilò quando, ormai, erano al secondo piano. La bloccò per un polso e la tirò a sé.
«Lasciami!»
«È perché non ti ho chiamata? Okay, non mi andava di essere il primo a cercarti, d’accordo?»
«Mi fa piacere, ma non mi interessa. Adesso lasciami che voglio andare a casa.» Sirius imprecò poco finemente poi la sbatté contro il muro delle scale. La strega lanciò un gridolino abbastanza contenuto.
«Mi fai male, lasciami.»
«Non gridare, non mi va che tutti sappiano che stiamo litigando. Ora dimmi che cazzo è successo, grazie.»
«Chi è Katia?» chiese la bionda, arrabbiata.
«Katia? Non ne ho idea.»
«È per questo che le manchi, allora, giusto?» la strega si fece forza sulle braccia e allontanò il ragazzo da sé per poi continuare a scendere le scale.
«Sei andata a ficcanasare? Complimenti.»
«A quanto pare ho fatto bene.»
«Marlene, Katia è una tizia che abbiamo incontrato io e James appena due giorni fa, al Ministero. Frequenterà il corso Auror con noi, a settembre.» spiegò il Black.
«Non ne avevi idea appena cinque secondi fa, Sirius.»
«Quel messaggio è di ieri, non ci avevo pensato.»
«Se era di ieri per quale maledetto motivo non mi hai avvertita quando ti è arrivato?»
«Avevamo litigato!»
«E che cosa c’entra?» Marlene fece per continuare a scendere i pochi gradini che ormai la separavano dal pianerottolo di terra ma il mago la tirò di nuovo a sé.
«Non ti chiederò scusa per qualcosa che ho fatto, figurati per una per il quale non c’entro niente. Chiaro?» disse, duro.
«Si.» rispose l’altra, ancora in fiamme per la rabbia.
«Ti rendi conto che stiamo già litigando di nuovo?»
«Di certo non per colpa mia.» rispose Marlene, incrociando le braccia sotto al seno pieno.
«Ma neanche mia.»
«È colpa di Katia.» conclusero insieme.
Sirius si avvicinò e le posò un bacio sulle labbra, dapprima lento poi sempre più passionale. In breve tempo, la giovane strega, si ritrovò ancora incastrata tra il muro e il corpo del mago. Il Black fece una leggera pressione sulle cosce della ragazza e lei si lasciò prendere in braccio. Si Materializzarono direttamente nella sua camera da letto.
Visto che era li da meno di un mese, non aveva ancora messo nessun incantesimo di protezione.
Marlene si slacciò dal ragazzo, si sfilò le scarpe e lasciò che l’ex Grifondoro la facesse stendere sul letto, sotto di lui.
«Non eri arrabbiata con me, McKinnon?» domandò Sirius, sbruffone.
«Taci, Black.» rispose lei, prima di fiondarsi di nuovo sulle sue labbra.
La stanza era buia, se non per la porta aperta che lasciava entrare la luce del corridoio. Marlene socchiuse gli occhi e notò una luce argentata farsi strada fuori dalla finestra.
«Sirius?» chiamò con voce tramante per i brividi che i baci sul collo le stavano facendo provare.
«Si?» rispose il mago, incatenando i suoi occhi grigi a quelli azzurro cobalto di lei.
«Un Patronus.» Sirius scattò seduto e osservò la luce argentata attraversare la parete ed inchiodare davanti a loro. Marlene tremò ma si sedette anche lei, pronta ad ascoltare.
Il Patronus era di Remus: un lupo.
«Mary è stata attaccata. Raggiungeteci al San Mungo.» parlò la voce del giovane Licantropo.
Il Black si alzò e aiutò Marlene a fare altrettanto.
«Mary?» mugolò la strega, sentendo già il panico invaderla.


Spero vi piaccia :)
Buona giornata ^^