giovedì 25 ottobre 2012

Salve a tutti ^^
Mi dispiace di non aver pubblicato nulla la scorsa settimana ma sto scrivendo un capitolo in più perché devo dare delle informazioni importanti..

Comunque domani è il compleanno di mio fratello che mi ha chiesto di fargli un disegno ^^
 Ve lo faccio vedere:





Che ne dite?
Spero vi piaccia e che piaccia a lui ^^
A presto (si spera :S) 
Win :D

venerdì 12 ottobre 2012

Quella che state per leggere è la leggenda dell'acqua di Silver. Ovviamente potete leggerla anche se non state leggendo la storia a capitoli ^^
Il disegno l'ho fatto io e ho dato la luce con il pc ^^
Vi lascio alla lettura :)


Vento di Gigli

Soffiava un vento tiepido, tipico di quei primi giorni di Settembre. Nell’aria si respirava il profumo dei gigli del campo vicino alla chiesetta e steli arancioni vorticavano, mescolandosi con il rosso del tramonto.
Mentre il sole spariva al di là dell’orizzonte e le onde si infrangevano sulle rocce, Elise era calata nella penombra, la fronte imperlata dal sudore, il vestito sporco e logoro in diversi punti e una strana luce tremolante negl'occhi grigi, come il colore originario del suo vestito.
Il rumore delle foglie di un cespuglio nei paraggi le fecero capire che il suo inseguitore l’aveva raggiunta.
Un gemito le uscì dalle labbra quando riprese a correre e tanta era la paura che nemmeno quel cimelio tanto potente che teneva fra i capelli, riusciva a mandare qualche impulso al suo intelletto.
Buttò uno sguardo dietro e per la fretta rischiò quasi di inciampare ma riuscì a riprendere l’equilibrio e a non lasciarsi sopraffare dalla stanchezza. Non ebbe il tempo di tornare a guardare avanti che si scontrò con qualcosa di grande.
«No! Vi prego… Giuro che non dirò a nessuno ciò che ho sentito. Nessuno saprà mai cosa nascondete nel castello…» piagnucolò col viso coperto dalle mani.
«Elise?» proferì una voce roca e profonda il cui proprietario certo non era Salazar Slytherin, il suo inseguitore.
«Voi?» si stupì la giovane, guardando l’uomo con il quale si era scontrata.
«Perché siete ridotta in questo stato?» chiese ancora lui.
«Arriva!» sussurrò Elise.
Velocemente si strinse il capo con le mani e strizzò gli occhi, accovacciandosi a terra e gridando con tutto il fiato che aveva in gola.
«Elise?» ripeté l’uomo.
Un altro cespuglio che si muoveva e un raggio di luce verde che mancò per pochi millimetri il fianco del professore dalla voce profonda.
La ragazza si alzò velocemente e buttò un’occhiata dietro sé, premette nuovamente sul Diadema che portava fra i capelli, come a volersi accertare che fosse ancora lì poi prese l’altro per mano e iniziò a correre di nuovo, seguita da lui.
«Cosa succede, Elise?»
«Non è il momento, Godric! Correte»
Davanti ai loro occhi c’era una radura verde e una scogliera oltre la quale le onde del mare si infrangevano ancora.
Elise si bloccò appena in tempo e guardò l’uomo appena dietro di lei.
«Mi dispiace, credetemi. Vi assicuro che non ho mai detto niente a nessuno di ciò che c’è stato tra noi, professore… È stata tutta colpa mia. Ma sappiate che, qualunque cosa stia per accadere, voi siete stato e siete tuttora la persona alla quale tengo di più.» biascicò tra le lacrime.
«Cosa dite? Di cosa parlate?» chiese Godric con la sua voce profonda dalla quale trapelava ogni minuziosa sensazione a riguardo di ciò che stava succedendo.

«Signorina Morgan, cosa ci fate in giro per i corridoi a quest’ora della notte?» domandò Godric guardando la studentessa di spalle fare un piccolo saltino ed accostarsi al muro con gli occhi sbarrati.
«P-professor Gryffindor… I-io…» balbettò la strega.
«Priscilla mi dice che siete una studentessa brillante ed impeccabile come poche, di certo non sarà contenta di sapere che violate una regola così importante con tale superficialità.» la rimproverò duro.
«Mi dispiace, professore, ma ho bisogno di mandare una lettera e non potevo aspettare fino al mattino.» si giustificò Elise con voce tremolante.
«Mi vedo costretto ad accompagnarvi, allora» concluse l’uomo prendendo a camminare assolutistico verso la Guferia del castello.
«Non ce n’è bisogno, credetemi!» si affrettò a dire la studentessa, spicciandosi a raggiungerlo per poterlo guardare in volto mentre parlava.
«Non vi lascerò vagare per i corridoi del castello a quest’ora, che voi siate intelligente o meno. A dir il vero, questo vostro atteggiamento, mi dà numerosi sospetti nei confronti di ciò che mi ha detto Priscilla».
«So difendermi da sola» concluse Elise aggrottando la fronte ampia e lanciando uno sguardo di sfida al suo insegnante.
Godric osservò l’espressione del volto della giovane con stupore, le sopracciglia incurvate che formavano una piccola ruga nel mezzo, il naso dritto arricciato e gli occhi grigi in grado di abbagliare con la loro lucentezza nonostante fosse nell’ombra più totale.
«Ciò non cambia il mio parere, Elise Morgan» tagliò corto il professore, tossicchiando imbarazzato.
Elise ebbe giusto pochi secondi per notare come le gote alte del professore si fossero imporporate di un colore più acceso anche nella penombra del corridoio. Scoccò un sorriso in sua direzione e strinse al petto la busta chiusa della sua lettera.
«Scrivete ad un uomo fuori da Hogwarts?» domandò Godric, curioso e al contempo vagamente agitato all’idea.
«Assolutamente no. È una lettera per mia madre»
«È una donna senza poteri, non è così?»
«Sì…»

«Quella sera nel parco, mesi dopo la prima volta che abbiamo parlato... Vi assicuro che è stato tanto nuovo per voi quanto lo è stato per me» balbettò Elise, lanciando un’altra occhiata verso la foresta. «Dobbiamo spostarci di qui» continuò prendendo di nuovo la mano dell’uomo e trascinandolo dapprima verso gli arbusti dai quali erano scappati poco prima e poi, al suono di altri passi e all’ennesimo raggio di luce verde deviato per chissà quale fortuna, la strega riuscì a portare sia lei che l’altro verso il lato destro e correre giù, verso i sentieri sterrati.
«Volete dirmi per quale motivo qualcuno sta cercando di uccidervi?» gridò Godric correndo poco dietro di lei.
«Ho sentito troppo. Il diadema di Priscilla Ravenclaw è stato in grado di aiutarmi a decifrare ogni singola informazione ricevuta è ho scoperto tutto» spiegò affannata.
«Ancora non capisco».
«Non è il momento adatto Godric, o ve ne siete dimenticato?» Godric la prese per un polso e la tirò con sé dentro una grotta mimandole di fare silenzio portandosi il dito indice alle labbra.
«Non è voi che vuole!» bisbigliò Elise, arricciando il naso proprio come aveva fatto qualche anno prima, parlando per la prima volta con Godric.

«È piacevole parlare con voi, professor Gryffindor» disse Elise sorridendo dolce e continuando a stringere fra le mani un libro dalla rilegatura antica.
«Potete chiamarmi per nome, Elise, ve l’ho già detto» iniziò Godric, sorridendo. «Confermo ciò che dite e anche quello che mi disse Priscilla. In questi mesi ho avuto l’opportunità di conoscervi meglio ed è vero ciò che dice lei: siete una ragazza dalla mente arguta e riuscite ad arrivare alle realtà oggettive con molta rapidità» concluse poi.
«Sono cambiate molte cose in questi sette mesi, Godric. Priscilla Ravenclaw ha perso sua figlia per via del Diadema e ha deciso di darlo a me per non vederlo più. Non sono sicura di volerlo tenere. Sono diverse notti che vedo Helena…»
«So che non deve essere semplice. Sei molto coraggiosa»
«No, coraggiosa è una delle cose che proprio non sono!» negò Elise mostrando al suo insegnante uno sguardo tediato e ricco di rammarico.
«Vi sbagliate. Ci vuole molto coraggio a portare quel Diadema dopo ciò che è successo; vi aggirate per i corridoi da sola quasi tutte le notti…» elencò Godric facendo sorridere la strega. «… e non avete paura di infrangere le regole» concluse fermandosi e guardandola serio.
Anche Elise si fermò, prese un lembo dell’abito lungo e lo tirò su per potersi voltare e camminare verso l’uomo senza rischiare di inciampare in qualche radice.
Il castello alle loro spalle era nero contro la luce del tramonto e l’erba del giardino emanava un calore invitante che nessuna farfalla riusciva ad ignorare.
«Di quali regole parlate? L’unica che infrango è quella di uscire fuori orario per i corridoi» disse anche lei seria prima di gettare un occhiata e un sorriso dolce in direzione di un insetto poggiato su un fiore.
«Esistono anche delle regole che non sono scritte, Elise» disse Godric, severo.
«Le regole sono fatte per essere infrante…» bisbigliò socchiudendo le labbra.
Godric mosse un passo verso di lei e strinse la sua mano nella propria poi, con infinita dolcezza, le posò un bacio sulle labbra.

«Fate silenzio. Io non scappo, Elise, dovreste saperlo» sussurrò severo.
«Non siete voi che avete sentito! » insistette lei tenendogli stretta la mano.  «C’è un mostro ad Hogwarts che ucciderà tutti i Mezzosangue» concluse agitata.

«Siete un insegnante, Godric! E lei è una vostra studentessa» proferì Priscilla scuotendo la testa con rabbia.
«Lo so ma è una cosa che non posso fermare» rispose l’uomo con voce neutra quasi quanto ciò che si diceva dentro.
Avrebbe dovuto seguire il suo cuore oppure i suoi doveri?
«Dov’è finito il vostro orgoglio?»
«È ancora qui, Priscilla, ve lo assicuro!»
«Avete nove anni più di lei! Elise è poco più di una bambina e voi siete un uomo! Dovete troncare questa storia sul nascere» lo rimproverò la donna scuotendo la sua chioma corvina come a voler spazzare via tutte le preoccupazioni. «Dovete dimenticare lei e tutta questa storia!»
«Non voglio dimenticare!»

«Un mostro?» domandò incredulo Godric, preparandosi a combattere con l’inseguitore della giovane.
«Se andate voi verrò anche io» concluse Elise asciugandosi un’ultima lacrima solitaria che ancora le rigava una guancia.
«Chi è che vuole uccidervi?» chiese di nuovo.
«Salazar Slytherin».
«Che cosa?» strepitò Godric con voce troppo alta.

«Signorina Morgan vi prego di seguirmi nel mio ufficio per qualche istante. Raggiungerete le vostre amiche nel giro di qualche minuto» tuonò la voce del professor Gryffindor.
«Và, Elise. Ti aspettiamo in Sala Grande» la incoraggiò una ragazza della sua stessa età con lunghi ricci scuri.
«Ti conserviamo un fetta di torta» bisbigliò un’altra con i capelli più chiari, ridacchiando.
«Ci vediamo dopo» tagliò corto Elise camminando svelta verso il professore ma prestando attenzione a non inciampare nei lembi del tessuto blu cobalto del vestito lungo.
Godric non le diede il tempo di avvicinarsi troppo che subito prese a camminare svelto verso la torre dove era collocato il suo studio. Sentiva il ticchettio delle scarpe di Elise che camminava più lentamente dietro di lui, ignara di ciò che lui stesso faceva ancora fatica a pensare e che dubitava di riuscire a dire nel giusto modo.
Una volta arrivati davanti alla porta in legno scuro, il professore si scansò di lato permettendo alla strega di entrare prima di lui.
«A chi avete raccontato di ciò che è successo la settimana scorsa nel parco?» domandò sottovoce quando la porta fu ben chiusa.
«A nessuno» rispose ovvia la strega.
«E cosa intendevano le tue amiche?»
«Nessuno nega che siete un uomo di bell’aspetto. Non avete di che preoccuparvi perché io…»
«Non perdete tempo in giustificazioni inutili e banali, Elise. Dimenticate ciò che è successo: è stato un mio errore che non sarebbe dovuto accadere» la interruppe Godric, irato.
«Cosa dite? Non era un errore se voi vi sentivate di farlo!» proferì la strega, visibilmente disturbata.
«È stato solo un tremendo equivoco. Vi prego di perdonarmi e dimenticare l’accaduto» concluse l’uomo riaprendo la porta e facendole segno di andar via.
«Sapete una cosa, professor Gryffindor? Una volta mi diceste che desiderate che tutti gli studenti siano coraggiosi, ricordate?» cominciò Elise lanciandogli uno sguardo di disprezzo che per niente di intonava a lei stessa.
«Non capisco cosa centra»
«Voi volete ciò che non siete. Fra un mese io avrò terminato i miei studi e andrò via di qui e vi dimenticherò, professore, ve lo assicuro. Ma voi non dimenticherete mai quanto siete stato codardo» terminò uscendo dalla stanza.

«Eccovi! Madame dovevate aspettarvi che mi sarei sbarazzato di voi» farfugliò Salazar, sadico , entrando nella grotta.
Elise impiegò pochi secondi a lanciare uno schiantesimo non verbale a Godric ed evitare che il suo inseguitore vedesse che non era sola.
Un “pietrificus totalus” e un “silencio” bastarono a tenere il suo ex professore fermo e silenzioso.
«Mi dispiace…» mimò in sua direzione.
«Vi giuro che non sentirete niente. Avada Kedavra!» gridò Salazar.
Dalla punta della sua bacchetta scaturì un raggio di luce verde che Elise riuscì ad evitare scansandosi di lato. Mise il piede sul velo rovinato della sottoveste ed inciampò, rovinando per terra.
«Avada Kedavra!» ripeté l’uomo, approfittando dell’attimo di debolezza di Elise.
Stavolta fu colpita.
Il suo corpo scivolò lungo la superficie liscia della grotta scavata dall’acqua e quando la sua mano toccò il suolo roccioso, i suoi capelli si sparsero attorno al suo volto, gli occhi grigi spalancati a guardare la Morte che l’uomo immobilizzato poco distante da lei, non vedeva.
Una risata malefica e diversi passi che si allontanavano fino a quando Salazar Slytherin non scomparve dal raggio visuale di un Godric che sentiva esplodere dentro di se un fuoco di rabbia e dolore.
Non era riuscito a fare niente per la sua Elise.
Aveva rinunciato a lei due volte: la prima, quando Priscilla gli aveva chiesto di starle lontano e la seconda, quando non aveva combattuto per lei.
Aveva ragione: voleva coraggio ma lui per primo non era in grado di averne quando più serviva, continuava a ripetersi.
Errori su errori, ragionamenti su ciascuno degli istanti nei quali avrebbe potuto fare centinaia di cose che non aveva fatto.
Quando l’incantesimo finì, Godric mosse qualche passo verso il corpo esanime della Strega.
Strinse convulsamente una sua mano nella propria e si sentì invadere dalla freddezza di quella carne cerea e morta.
Lasciò scorrere il dorso delle dita su una guancia prima rosea e calda.
Avrebbe voluto gridare, piangere, fare qualcosa, eppure era immobile e incapace di esprimere il suo dolore, incapace di fare qualsiasi cosa che non fosse restare accanto al corpo di Elise.
Catturò una lacrima con l’indice e la portò alle labbra, posandovi un bacio sopra.
Fu una mano argentata a distrarlo. Quando alzò lo sguardo la mano del corpo della strega gli scivolò dalla presa.
«Cosa…?» balbettò incredulo.
«Prendete il Diadema e consegnatelo ad Helena, vi prego…» disse la voce di Elise che ora proveniva dal suo fantasma.
«Perché avete scelto di restare?» domandò Godric, shoccato.
«Non posso andarmene se prima non vi consegno queste» aggiunse lasciando che una scia argentata le macchiasse le gote bianche. «Avete un ampollina?» domandò poi.
Godric continuò a fissarla a bocca aperta. Guardò il corpo della strega accanto alle sue ginocchia e prese il fiore di giglio che aveva fra i capelli. Un colpo di bacchetta e divenne un’ampollina che l’uomo passò al fantasma con un brivido lungo la schiena.
Lo spirito di Elise lasciò che le sue lacrime argentate riempissero il contenitore che tappò e riconsegnò a Godric.
«Questo devi darlo a Priscilla, lei saprà cos’è…» concluse il fantasma, chiudendo gli occhi in un’espressione di dolore.
«Perdonatemi, Elise…» bisbigliò l’uomo prima di cedere al rammarico e lasciarsi andare.
«Vi ho già perdonato… Addio. Vi amo» aggiunse dolce prima di penetrare nella roccia e sparire dalla vista del mago.
«Anche io…» sussurrò Godric stringendo un’ultima volta il corpo senza vita di Elise e posandole un bacio sulla fronte.
«Vi amo anche io» ripeté tenendo con forza il ciondolo e il Diadema, ciascuno in una mano.

La città che sorgeva vicino a quelle grotte prese il nome di Silver, come il colore delle lacrime e del fantasma stesso della fanciulla.
Godric tornò ad Hogwarts e consegnò il Diadema ad Helena ma Priscilla aveva perso la vita così fu lui stesso a conservare il ciondolo e a tentare di decifrarne il contenuto.
Perlustrò il castello alla ricerca del mostro di cui gli aveva parlato la strega prima di morire e tentò invano di ritrovare Salazar per vendicarne la morte stessa.
Le lacrime di Elise, scoprì, potevano salvare da tutti i mali del corpo eccetto che dalla morte. Esse erano in grado di concedere l’immortalità all’anima e al corpo stesso, come suo involucro difensore e non come parte integrante di essa.
Alla sua morte, Godric lasciò il ciondolo alla cugina di Helena che, a sua volta, lo tramandò alla nipote, saltando una generazione.
Così il ciondolo fu protetto e conservato dalla famiglia discendente da Priscilla Ravenclaw ed ogni volta che veniva ceduto, veniva fatta una cerimonia nella quale si alzava un vento magico che trasportava petali di giglio e, in lontananza, si sentiva ancora Elise Morgan piangere.


Prima di lasciarvi volevo dirvi che questa storia partecipa ad una specie di Concorso. Non so se ho giocato bene le mie carte... A dir il vero mentre la scrivevo ero soddisfatta ma poi, quando l'ho riletta, non mi sembrava adatta. Comunque mi sono fatta coraggio e l'ho inviata. Come va va...
Mi interessa solo fare la mia figura, di certo non vincere ^^
Non è proprio un Concorso Concorso.... cioè xD è un Contest, se così si può chiamare :D
Spero che vi sia piaciuta.
Buona giornata...

giovedì 11 ottobre 2012


11. Attacco a Diagon Alley

Si guardò attorno, nel panico. Seduto poco più in là c’era Sirius.
Corse verso di lui.
«Mary è a Diagon Alley! Attaccano tra pochi minuti.» bisbigliò nel panico.
Il Black si alzò.
«Trova una scusa. Ci vediamo giù. Avverto gli altri.» Marlene annuì e corse in ufficio. Prese le cartelle e vi lanciò un incantesimo per farle sistemare da sole: le avrebbe compilate in un altro momento; poi corse più veloce che poteva giù per le scale.
Sirius, intanto, trovò Matt al primo piano. Lo afferrò per un braccio e lo trascinò giù con sé.
«Ma che diavolo succede?» domandò il ragazzo.
«Peter e Mary sono a Diagon Alley e c’è un attacco lì fra pochi minuti.»
«E cosa aspetti a dirmelo?» chiese Matthew, accelerando il passo.
Marlene arrivò giù poco dopo di loro e, uscendo fuori, trovarono Remus e James a chiacchierare.
«Stanno attaccando a Diagon Alley. Peter è lì!» disse Sirius avvicinandosi a loro.
In men che non si dica di Materializzarono davanti al Ghirigoro.
L’attacco era già iniziato.
«Dividiamoci. Voi andate di là, io e Moony scendiamo da quella parte.» disse James.
«Marlene, manda un Patronus all’Ordine.» disse Matt, correndo accanto a lei e Sirius nella direzione che gli aveva indicato James.
«Io… Non credo di riuscirci.» rispose Marlene, in lacrime.
«Provaci Lene! Sirius rimani con lei. Io vado avanti.» ordinò il McKinnon.
«Stai attento, Matt. Ti voglio bene.» gli ricordò la strega.
«Anche io. Sbrigatevi.» Matthew riprese a correre nella direzione opposta alla calca di gente che veniva verso di loro.
«Expecto Patronus.» proferì la strega, in lacrime. Dalla sua bacchetta si formò uno sbuffetto argentato che sparì molto prima di quanto lei stessa si aspettasse.
«Stupeficium!» esclamò il Black, dietro di lei, spedendo una figura incappucciata sulla parete di un negozio.
«Expecto Patronum.» Marlene pensò intensamente ai momenti felici ad Hogwarts, mentre rideva e scherzava con Lucy e i suoi amici Corvonero e, pian piano, lo sbuffo argenteo prese la forma di una farfalla Ulisse che volò subito via. «Raggiungiamo Matt.» disse poi, correndo avanti a Sirius.
«Avada Kedavra.» un raggio di luce verde seguì la voce e andò ad infrangersi contro lo spazio che separava Marlene da Sirius, sfiorando quest’ultimo.
«Attento!» gridò la strega.
«Impedimenta.» disse il Black, bloccando il Mangiamorte.
«Crucio.» gridò una voce femminile, seguita da una risata folle.
Marlene si spostò giusto in tempo, evitando il raggio di luce rossa.
«Dolohoferio.» gridò un Mangiamorte. Il raggio di luce, stavolta, colpì la strega.
«Expelliarmus.» fece Sirius, facendo saltare in aria la bacchetta del Mangiamorte.
Marlene sentì una fitta al fianco e si piegò in due, portando una mano alla bocca per tossire. Sangue.
«Tutto bene Marlene?» chiese il Black, preoccupato.
Un esplosione fece voltare entrambi.
«È sangue quello?» osservò Sirius, retorico.
«Matthew!» esclamò la strega, premendo entrambe le mani sul fianco.
«Sirius, Marlene!» chiamò Lily, seguita da altri membri dell’ordine.
«Matt! Sirius, Matt è andato lì!» balbettò la strega, in lacrime.
«Lily resta con Marlene!»
«Cos’è successo?» la McKinnon tossì di nuovo ed altro sangue le macchiò gli abiti.
«Dorcas!» chiamò Lily, preoccupata.
«Sirius, Matt!»
«Sì!» Sirius si voltò e corse verso l’esplosione.
«Avada Kedavra
«Stupeficium.» disse il Black.
«Aguamenti
«Protego!» esclamò Matthew, poco più in là di Sirius.
«Matt, hai trovato Peter e Mary?» domandò, avvicinandosi a lui e lanciando un incantesimo non verbale ad un Mangiamorte.
«No. Dov’è Marlene?»
«Con Lily e Dorcas. Una strana maledizione… Immobilus
«Expelliarmus. Ma quanti sono?» chiese il McKinnon, retorico.
Dorcas, intanto, era riuscita soltanto ad alleviare il dolore di Marlene.
«L’effetto durerà poco, Marlene. Dovresti tornare a casa!»
«No! Mary… Devo dirle che non fa niente, che è colpa di Sirius e non voglio litigare con lei…» la strega si alzò in fretta e, seguita da Lily, corse nella stessa direzione presa poco prima da suo fratello e poi da Sirius.
«Lene, fermati.» gridò la Evans, correndo dietro di lei.
«Pietrificus Totalus.» disse la ex Corvonero, pietrificando un Mangiamorte che stava per colpire Lily.
Sentì il dolore al fianco tornare vivido e vi spinse nuovamente la mano sopra, continuando a correre.
Vide Mary combattere contro un Mangiamorte.
«Stupeficium.» la sentì gridare. La figura incappucciata davanti a lei deviò il colpo e dalla sua bacchetta scaturì un raggio di luce verde che colpì la strega sul petto.
Marlene gridò, gridò con tutto il fiato che aveva in gola mentre le lacrime continuavano a scendere copiose.
Le gambe non riuscirono più a reggere il suo peso e la strega cadde a terra.
«Andiamocene!» gridò un Mangiamorte e, in una nuvola nera, tutte le figure incappucciate andarono via.
«Mary…» balbettò Marlene, muovendo qualche passo a gattoni verso di lei bloccandosi solo per tossire ancora una volta.
Voltò il corpo esanime dell’amica e le osservò la carnagione improvvisamente cerea.
«Mary!» gridò Lily, gettandosi a terra accanto alle due.
Marlene sentì il cervello bruciarle nel cranio, avvertì un’altra fitta stavolta allo stomaco poi portò una mano tremante al collo, incapace di pensare a qualcosa di più di ciò che voleva fare.
«Lene, no! Non funzionerebbe comunque… Ascoltami…» bisbigliò Matt, inginocchiandosi accanto a lei.
«Tu non capisci! Io devo provarci… prima che sia troppo tardi…» fece forze col braccio e staccò il ciondolo. Matt le prese la mano e la strinse con la sua.
«No, Marlene! Devi ascoltarmi. Non possiamo permetterci di sprecarlo così.» le disse autoritario, cercando di non dar peso ai suoi stessi occhi ormai lucidi.
La strega, in lacrime, cercò di liberarsi dalla presa del fratello.
«Fammi provare, Matt, per favore.»
«No.» concluse il ragazzo, abbracciandola.
«Fammi provare.» ripeté, singhiozzando.
«Schhh, schhh. Adesso Mary sta bene, è felice… Va tutto bene.» le sussurrò il ragazzo, carezzandole la testa.
Anche James era accorso ad abbracciare la sua Lily e, come Matt, le stava sussurrando parole consolatrici che, d'altronde, non avrebbero mai potuto calmare né lei né Marlene.
«Torniamo.» disse Malocchio che li aveva appena raggiunti.
Marlene avvertì una fitta al fianco più forte delle altre e dapprima gemette poi tossì macchiando di rosso anche la camicia di Matthew.
«Che hai, Lene?» si preoccupò quest’ultimo.
«Le avevo detto di non muoversi! Sbrighiamoci a tornare, prima che il danno possa diventare troppo grave.» disse Dorcas, severa.
Matt prese la sorella in braccio e lasciò che questa si accoccolasse a lui, senza smettere di piangere.
«Prewett, prendi il corpo di Mary… Penso che i suoi genitori vorranno riaverlo.» disse Moody poco prima che gli altri di Smaterializzassero.

«Non devi agitarti troppo per un po’ di tempo ma, fortunatamente, l’incantesimo non ti ha colpita in parti vitali.» spiegò Dorcas, guardando Marlene seduta sul suo letto, pallida e mogia. «Mi dispiace per Mary…» continuò, addolcita, mettendosi seduta accanto alla ragazza.
«Non avrei mai dovuto litigare con lei… Non era il momento adatto. Non è il momento adatto per litigare con nessuno!» affermò la strega, ricominciando a piangere.
«Lo so, Marlene. So come ti senti ma adesso devi farti forza e andare avanti, come vorrebbe Mary. Sono sicura che lei sa benissimo che ti dispiace.» disse.
«Cosa dirò al San Mungo?» cambiò discorso.
«Me ne occupo io. Ti ha chiamato con urgenza tuo fratello e sei dovuta tornare a casa. Vedrò di assicurarmi che la segretaria riferisca che lo hai detto a lei. Domani, in ufficio, ti tengo d’occhio: niente corse a destra e a manca come tuo solito. Puoi dare da fare qualcosa a me di nascosto. Io non ho problemi.» si raccomandò. Marlene annuì.
Quando Dorcas andò via lei si sdraiò e, tra le lacrime, cadde quasi subito nel sonno.

Ciao a tutti :) Come state? Spero bene.
Il capitolo di oggi è bello impegnativo... Avrei voluto rendere le emozioni di Marlene presenti e in grado di trasmettere l'angoscia di ogni singolo istante della battaglia. Non so se ci sono riuscita.... Spero di sì...
Ora vado :)
A presto ^^


sabato 6 ottobre 2012

Buonasera :)
Oggi niente capitoli :P
Comunque vorrei scusarmi per essermi liquidata subito, ieri, dopo un capitolo tanto importante... Insomma... Sta per succedere qualcosa di importante D:

Dovete sapere che oggi ci hanno dato il nuovo orario a scuola e la prossima settimana sarà semplicemente asfissiante... :S
Per passare a qualcosa di più carino potrei raccontarvi cosa ho fatto oggi u.u
Sono andata a pranzo con i miei amici <3 



Eccoci qui XD Ci siamo davvero divertiti un sacco ^^ però mancava un'altra del gruppo che è andata a Siena a fare la scema e ci ha dato buca >.<
Potrei anche mostrarvi qualche altra foto come questa:


dove, invece, siamo in palestra (sempre oggi ^^)
Già che ci sono vi posso far vedere anche una foto del Romics di quest'anno :)


Vi piace? ^^ Visto che devo andare a studiare e non ne ho neanche un po' di voglia, vi presento le Malandrine:



Tutte e due le foto sono state scattate a Vienna, in Camposcuola ^^
Ora vado perché se viene mamma e mi trova spalmata sul computer penso che la fine del mondo potrebbe essere anticipata di un bel po' XD
Buona serata a tutti e buon fine settimana <3

venerdì 5 ottobre 2012


10. Mary

La bolla fluttuava a circa un metro di distanza da Max e Summer, entrambi attenti ad osservarvi all’interno.
«Adesso è lungo poco più di un centimetro ma si stanno cominciando a formare gli arti superiori ed inferiori, e le manine e i piedi ora sembrano più delle pinne che altro. Si sta cominciando a formare anche il cervello.» spiegò Marlene, sorridendo intenerita.
«Guarda quanto batte forte il cuore!» constatò Summer, facendo pressione sul braccio del promesso sposo.
«Sì… È… cioè, io… non ho mai visto… lui… cioè lei…» balbettò Maximilìan, incapace di formulare una frase.
«Il cuore fa centocinquanta battiti al minuto. Pensa che in un adulto sono più o meno la metà. Fra un po’ comincerà a definirsi meglio il cordone ombelicale e poi il sesso e sarà possibile registrare l’attività cerebrale.»
Summer tirò un lungo respiro e il maggiore dei McKinnon si preoccupò di abbracciarla e posarle un bacio tra i capelli.
Quando la porta suonò, Marlene lasciò i due piccioncini a godersi in tempo reale la loro creaturina di sette settimane e mezza e corse alla porta.
«Mary, entra.» la accolse.
«Ciao Lene. Scusa per il così poco preavviso. Com’è andata al San Mungo?» domandò la MacDonald.
«Meglio di quanto sperassi. Jake mi è sembrato il solito. Non riesco a capacitarmi: non avrei mai pensato che uno come lui potesse essere la spia dell’ospedale. Sembrava così… così…»  cercò di spiegare.
«È bravo a fingere, allora.»
«Sì. Deve essere così. Andiamo in camera mia?»
«D’accordo. Ho poco tempo, mia mamma mi aspetta a casa.» disse Mary.
«Non preoccuparti.»
Raggiunsero la camera di Marlene camminando l’una accanto all’altra in silenzio.
«Entra.» la invitò la strega.
«Vogliamo sederci in balcone? Cercherò di rendere la mia storia il più breve possibile.»
«Va bene. Estele? Puoi portarci un tè?» gridò la ex Corvonero, affacciata sul corridoio.
«Ad Hogwarts, al sesto anno, credevo di poter avere tutto ciò che volevo senza nemmeno aver bisogno di chiederlo.» cominciò la MacDonald, sospirando, sedendosi accanto al tavolino in terrazza.
Marlene si sedette sull’altra sedia e avvolse la gambe con le braccia.
«Avery e Mulciber non mi stavano più addosso come prima e molti ragazzi avevano cominciato a riempirmi di complimenti, a dire che ero bella. E mi ci sentivo, bella.»
«Non capisco, Mary.» la interruppe Marlene.
«Lo so. Ma ho bisogno che tu sappia tutto.» la McKinnon annuì.
Estele entrò nella stanza e posò le due tazze col tè sul tavolino senza fare troppo rumore e se ne andò senza interrompere ulteriormente le chiacchiere delle due streghe.
«Anche Sirius mi girava intorno, te lo ricordi?»
«E come dimenticarlo? Ero già innamorata di lui.» disse Marlene.
«Sì. E me lo dicesti, solo che anche io provavo qualcosa per lui così cedetti alle sue corti. Parlai con lui, ci uscii, ci baciammo. Non ebbi mai il coraggio di dirtelo.»
«Me lo ha detto Sirius, comunque. In una delle prime litigate.»
«Io e te litigammo anche, perché tu ci eri rimasta male perché te lo avevo nascosto.»
«Non mi piacciono i segreti.» disse Marlene.
«Lo so, lo so.» ribatté Mary.
«Continua.» la bionda portò alla bocca la sua tazza di tè e ne bevve un sorso, poi tornò a guardare l’amica.
«Quando tu e Sirius andaste a letto assieme, l’anno successivo, mi sentii sprofondare. Alla fine aveva scelto te.»
«In realtà mi aveva detto che era stato solo un gioco.» precisò Marlene.
«Ma non era così e lo sai. Persino Lily assistette ad una delle numerose sfuriata di James nei confronti di Sirius.»
«Hanno litigato?»
«Litigò anche con Matthew, non te lo hanno detto?»
«No.» rispose la strega, guardando in basso.
«Comunque il giorno che lui è tornato da te io ero seduta sulle scale. Leggevo. Ero arrabbiatissima con te, Lene, questo me lo devi concedere: ai miei occhi era colpa tua se Sirius non mi guardava più.» la McKinnon non rispose. «Sentii ogni singola parola e quando tu te ne sei andata le scale dove ero seduta si mossero ed io arrivai proprio sul pianerottolo dove stava Sirius.»
Marlene deglutì.
«Non mi dirai che…?» Alcune lacrime rigarono le guance della ex Grifondoro che, singhiozzando, riprese a parlare.
«Mi faceva tenerezza vederlo così giù e quindi gli ho detto che ti conoscevo, che sapevo che eri fatta così, che quando ti arrabbi dici cose che non pensi e che saresti tornata da lui appena sbollito.»
«E lui?»
«Lui ha detto che non gli importava di com’eri fatta e quando ho messo in dubbio le sue parole lui mi ha baciata. Mi sarei dovuta scansare, lo so. Sapevo che era una bugia quel bacio, che lo stava facendo per dare una lezione a te.» ormai Mary aveva le guance invase dalle lacrime.
«Cos’è successo dopo, Mary?» insistette Marlene, fredda.
«Mi ha portata in un aula vuota, ha chiuso la porta ed io non sono riuscita a dire di no nemmeno una volta. Mi dispiace, Marlene…»
«Come hai potuto non dirmi niente?»
«Non volevo perderti. Sirius mi di dimenticare quello che era successo e poi, quando ti ha dato il bracciale, mi sono sentita sconfitta. Non poteva essere mio: dovevo dimenticarlo ma allo stesso tempo ti sentivo costantemente parlare di lui.»
Marlene deglutì e posò la tazza sul tavolo.
«Và via, Mary. Chiedo a Max di accompagnarti.»
«Aspetta... Mi dispiace da morire, Lene! Ascoltami. Mi devi credere!»
«Non mi interessa, Mary. Per favore vattene.» ripeté Marlene, con voce spezzata.
«Non dire a Sirius che te l’ho detto…»
 «Era questa la carta che non poteva scoprire, Mary, lo capisci? È più di un anno che vivo in una bugia e che penso a te come alla mia migliore amica quando tu sei stata addirittura capace di andare a letto con il mio ragazzo! Mary vattene. Voglio stare un po’ da sola.»
«Okay… Ma sappi che mi dispiace, che ti voglio bene come a una sorella e che, davvero, se potessi cambierei quello che è successo.»
«Sì ma non serve perché ormai è fatta. E né tu né Sirius, che vi vantate tanto di essere dei Grifondoro, avete mai avuto il coraggio di dirmelo. Nessuno di voi mi ha mai voluto abbastanza bene da volermi vivere nella verità e di rischiare pur di non ingannarmi!» gridò Marlene.
«Non è così, Lene, lo sai. Ti vogliamo entrambi bene è solo che era una cosa troppo grande.»
«Avete rovinato tutto proprio adesso che è troppo tardi, Mary! Fatti accompagnare da Max o da Matt o da chi diavolo vuoi tu… Ma vai via.»
«Mi dispiace.» disse la ex Grifondoro prima di uscire dalla stanza ed andare via.
«Tutto bene, Marlene?» domandò Matthew, entrando poco dopo.
«Sì.»
«Ti ho sentita gridare. Cos’è successo?» la strega si voltò a pancia in su e si asciugò gli occhi.
«Sirius e Mary sono andati a letto insieme.»
«Che cosa?»
«Non gridare.» lo rimproverò Marlene, singhiozzando.
«Che cosa?» ripeté il ragazzo, bisbigliando. «Ma quando?»
«Il giorno che io e lui chiarimmo.»
«Gli spacco la faccia.»
«No. Tu non fai proprio niente. Gliela spacco io, la faccia.» la strega si alzò e camminò a passo di carica fuori dalla stanza e poi giù per le scale, seguita dal fratello.
«Dove vuoi andare?» le chiese.
«Da lui!»
«Ti accompagno.»
«No. Posso Materializzarmi direttamente a casa sua e voglio parlargli a quattr’occhi.»
«Ti accompagno al cancello e ti aspetto lì.»
«Dai da mangiare a Brioche mentre sono via.» Marlene corse lungo il vialetto e, una volta fuori, si Smaterializzò.
Il salone dell’appartamento di Sirius era vuoto ma il ragazzo doveva essere in cucina visto che sentiva la sua voce e quella di James discutere.
Si asciugò le lacrime: se gli doveva far fargli una sfuriata davanti a James doveva almeno entrare con dignità.
«Chi è?» domandò James, affacciandosi. «Ciao Marlene. Tutto apposto?»
«Che ci fai qui, Lene?» chiese Sirius, affiancando James.
«Sei un fottuto bugiardo, Black.» gridò la strega, spingendolo. Sia lui che l’amico la fissarono increduli.
«Che ti prende?» le chiese il mago.
«Con quale faccia hai osato anche solo parlare con me in tutto questo tempo? Mary mi ha detto tutto!»
«Che cosa?»
«Sei un codardo. Non hai mai avuto abbastanza fegato da dirmi quello che era successo. E ci credo che non volevi scoprire le tue carte! Sei uno stronzo! Un grandissimo figlio di puttana – Walburga dovrebbe sapere di esserlo, ormai! – e non voglio mai più rivederti!»
«Vuoi farmi parlare?» disse Sirius, scavalcando la sua voce.
«No. Stai zitto.» Marlene si slacciò il braccialetto e prese la mano del ragazzo per mettercelo dentro.
«Fammi spiegare!»
«Non voglio le tue stupide scuse. Vigliacco.» tornò in salone e si Smaterializzò.
«Odio quando fa così! Non mi fa parlare, l’hai vista?» gridò il Black, in preda alla collera.
«Scusami, Padfoot, ma non ha tutti i torti. E te lo dissi già all’epoca dell’accaduto.» rispose James.
«Grazie, Jamie. Senza le tue parole non saprei cosa fare.»
«Non prendertela con me. Sei tu che hai i grilli nella testa! Falla calmare: le parlerai domani. Vado a casa prima che mia madre e Lily decidano di chiamare gli Auror per vedere che fine ho fatto. Ci vediamo domani mattina. Tu e Matt fate il turno dentro ed io e Moony fuori.» ed anche James andò via.

 Il giorno dopo Marlene arrivò in ospedale con un leggero ritardo che, l’attendo Jake, non riuscì a non notare.
«Come mai in ritardo, signorina McKinnon?» domandò sistemandosi per andare a fare il suo solito giro di controlli.
«Ho avuto dei problemi. Scusa.»
«Non fa niente, Marlene. Ti ho lasciato alcune cartelle con delle visite da fare entro mezzogiorno: occupatene tu poi portami i fascicoli completati prima di andar via.»
«D’accordo.» rispose, meno spaventata da lui.
Jake le sorrise ed andò via, lasciandola ai suoi pensieri.
Una volta sola, la strega si sedette alla scrivania ed aprì cautamente uno dei cassetti personali del Medimago, così come le aveva detto di fare Malocchio.
Sbirciò verso la porta e sospirò vedendola chiusa.
Guardò dentro al cassetto. In cima a tutto c’era una cartella verde. La sollevò leggermente e sbirciò tutti i documenti che c’erano sotto.
Tutte cartelle mediche.
Aprì il secondo cassetto e, sotto la pila di fascicoli c’era la sua agenda personale.
Era chiusa con la magia ma Silente aveva provveduto a fornirle un incantesimo che andava bene con quasi tutte le chiavi magiche.
Lo pronunciò sottovoce muovendo la bacchetta e sfoglio alcune pagine fino ad arrivare a quella del giorno.
Sotto l’orario nove e quindici c’erano scritte due parole: Diagon Alley.
Chi faceva la guardia a Diagon Alley, si chiese nel panico.
Mary e Peter.
Guardò l’orologio.
Nove e dodici.
«No…» bisbigliò rimettendo l’agenda al suo posto e correndo velocemente alla ricerca di Matt.

Scappo che mio fratello vuole il pc :) bacii
A presto :D