domenica 21 aprile 2013

Questa storia è per te,
ovunque tu sia.
Per ricordare a te cosa hai perso
e a me l'errore che ho commesso.
Per la mia tristezza,
che una volta era la tua.   
Ti amo, nonostante tutto...



La luna

Si muove sicuro sotto la calda pelliccia nera, le orecchie penzoloni e la coda che oscilla a ritmo del suo passo, poco importa la pioggia che scende e il freddo che gli penetra nelle ossa. Forse non è davvero la temperatura a farlo rabbrividire mentre alza lo sguardo al celo nuvoloso che lascia intravedere solo uno spicchio della luna piena. Forse sono i suoi sentimenti a farlo sentire così.
Varca la soglia del cimitero guardando le pozze d'acqua sotto le sue zampe.
Ma la luna lo chiama, urla il suo nome e gli fa bruciare la gola, stretta in una morsa di dolore, soffocando un pianto che tutto vuole fuorché limitare la sua malinconia: che importa, ora, se piange? A chi possono dare fastidio le lacrime di un grosso cane nero che barcolla lungo le file di tombe, alla ricerca di quei nomi che conosce bene.
Sono scritti vicini, sotto di loro le date di nascita e la data di morte.
"L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte."
Si accuccia sul marmo freddo e bagnato, con il muso rivolto verso le lettere nere. Alza lo sguardo verso il cielo ad intervalli regolari ma ogni volta torna a fissare quei due nomi con un altro carico di tristezza sopra al cuore.
Come si sconfigge qualcosa che ha già vinto in partenza? 
Un'altra occhiata alla luna e degli occhi color miele così tristi e spenti da farlo sussultare per un istante, si parano davanti ai suoi pensieri, scavalcando il sorriso beffardo della notte che si prende gioco di lui da dodici lunghi anni.
Come starà lui
Si sente sprofondare, il grosso cane nero. Viene risucchiato in un vortice che lo fa precipitare nel buio più assoluto, lo allontana dalla luna. Una volta toccato il fondo, poi, si torna su?
Il tempo guarisce le ferite.
Le sue, però, sanguinano da troppo tempo.
Sfiora col naso la lapide.
Gli manca il suo migliore amico. Gli manca Hogwarts, quando i Malandrini erano quattro inseparabili amici.
No! Peter no. Lui è l'unico che non gli manca.
"L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte."
Ti sbagli... Non si può sconfiggere chi ti ha già battuto.
Passano minuti - o forse ore? - prima che il cane guardi nuovamente la luna. 
Sa tutto, lei. Conosceva i Malandrini, quelli che correvano tra gli alberi. Un cane, un cervo, un topo e un lupo mannaro che erano così umani in quelle notti insieme da far cessare il dolore.
E se quest'ultimo può essere soppresso dalla gioia, forse, anche la morte può essere sconfitta.
Si alza e si toglie di dosso le gocce di pioggia muovendo velocemente il corpo.
Lancia un'ultima occhiata alla scritta.
"L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte."
Si allontana a testa alta.
James e Lily non sono mai morti: vivono nel suo cuore e in quello di tutte le persone che li hanno amati.
L'amore può vincere tutto.

martedì 11 dicembre 2012


13. Uragano in gonnella

Ottobre portò pioggia e vento a Silver. Il mare era sempre agitato e le onde che si infrangevano sulle rocce della costa, emanavano un rimbombo così forte da poter essere udito in qualsiasi punto sia della Cittadella alta che della città bassa.
Le riunioni dell’Ordine erano diventate più frequenti ed era ormai chiara la presenza di una spia persino tra di loro.
Riguardo a Jake Andrew, il Mangiamorte che lavorava al San Mungo come superiore di Marlene, non erano riusciti a scoprire più niente.
Ogni volta che ne aveva occasione, la ex Corvonero, sbirciava nei cassetti alla ricerca di qualche informazione ma sull’agenda del Guaritore c’erano scritti sempre meno appunti.
Da qualche tempo, poi, il signor McKinnon era quasi sempre fuori, incurante della pioggia e del vento.
«Matthew, vorrei che ti preoccupassi tu di avvertire Marlene e Maximilìan di farsi trovare ben preparati per la cena di stasera. Abbiamo degl’ospiti che devo presentarvi.» disse Conrad McKinnon, fermando il figlio poco prima che questi uscisse di casa per andare da Sirius per recuperare sua sorella.
«Chi viene?» domandò Matt, curioso.
«Lo vedrai fra qualche ora.»
Anche a Londra diluviava ed Australia Road non era per niente trafficata. Il McKinnon si Materializzò dentro al portone del piano e salì le scale con calma.
«Chi è?» chiese Marlene, un po’ scocciata.
«Matt.» sua sorella fece per aprire la porta quando James la richiuse, ridacchiando.
«Lene, Sirius te lo ha anche raccomandato!» fece, giulivo. «Identificati.» concluse Potter.
«Fammi una domanda ed io ti rispondo. Magari se ci diamo una mossa è anche meglio.» rispose Matt, bonario.
«Cosa hai detto a Sirius quando hai saputo che lui e tua sorella si erano messi insieme?» chiese, già divertito al solo pensiero.
«Ma che scemenza, James! Ma fai una domanda intelligente tipo “come si chiamava mamma” o “ qual è il secondo nome di Max”. Che domanda è questa?» si intromise Marlene, fintamente esasperata.
«Si ma la risposta non sarebbe così divertente, poi.» Matt prese un lungo respiro, allietato.
«D’accordo. Gli ho detto che se la faceva soffrire si sarebbe ritrovato con i piedi nelle orecchie senza sapere nemmeno come aveva fatto a metterceli. Mamma si chiamava Dayane e il secondo nome di Max è Conrad. Ora mi aprite che sto gelando?» rispose alla fine. James scoppiò a ridere.
«Che c’è di così divertente?» chiese il McKinnon, chiudendosi la porta alle spalle.
«Matt, possibile che dopo tutto questo tempo tu non abbia ancora capito che James ride per qualsiasi cretinata?» scherzò Remus, un po’ sciupato. La luna piena doveva essere in arrivo.
«Ciao Matt.» salutò Sirius quando il McKinnon entrò in cucina con Marlene e James.
«Ciao. Peter, da quanto tempo!»
«Ciao.» salutò timido il ragazzo cicciottello seduto accanto al tavolo.
«Lene, prendi le tue cose che Max e Summer ci aspettano a casa.» disse Matthew. Marlene lo guardò dubbiosa.
«È uscito di nuovo?» chiese poi, riferendosi al padre.
«Sì ma a quanto pare ha deciso di svelarci il suo segreto stasera: abbiamo ospiti.»
«Chissà con chi ha fatto amicizia…» rifletté la strega, recuperando la borsa e la giacca dall’attaccapanni all’ingresso.
«Matt, stasera ti mando un gufo con i piani per domani. Dobbiamo stracciare l’altra squadra, al corso Auror.» disse James, esaltato.
«D’accordo. Ciao a tutti.» salutò poi, distogliendo lo sguardo quando Marlene diede un bacio a Sirius.
«Ciao.» salutò la strega.
Una volta fuori si Smaterializzarono.
A Silver aveva smesso di piovere ma le nuvole grigie preannunciavano l’imminente arrivo di un secondo temporale.
La ex Corvonero frugò nella borsa poi guardò il fratello dispiaciuta.
«Ti dispiace se facciamo un salto a comprare le sigarette?» Matt sbuffò.
«Ultimamente fumi troppo, Lene. Non puoi evitare?»
«Non venirmi a fare la predica, per piacere. Dai, la tabaccheria è qui vicino!»
«Va bene. Tu torna dentro, ci vado io.» la strega lo guardò dubbiosa.
«Andiamo insieme.»
«Marlene, se venissi attaccato saresti di intralcio e mi distrarresti solamente. Quali vuoi?» disse il ragazzo, liquidando la questione.
«Va bene. Ma torna subito qui. Merit Evolution da dieci.» disse poi, sorridendogli e mettendogli in mano qualche spicciolo. Matthew alzò gli occhi al cielo con finta esasperazione.
Aspettò che la sorella entrasse nel cancello poi prese a camminare lentamente con le mani in tasca.
La tabaccheria era molto vicina, quasi subito dietro l’angolo.
Appena entrato sentì il rumore della campanella che annunciava l’arrivo di un cliente e si avvicinò al bancone. Dietro alla cassa c’era un uomo anziano  dall’aria gentile che subito si apprestò ad ascoltare quello che Matthew aveva da chiedere.
«Buonasera. Vorrei le Merit Evolution da dieci, per favore.»
«Prego.» rispose l’uomo, prendendo il pacchetto di sigarette e poggiandolo sul bancone. Il McKinnon pagò e si affrettò ad andar via.
Appena davanti alla porta bianca del locale fu attratto da uno profumo dolciastro e si voltò per vedere da dove proveniva.
Quando il campanello della porta suonò nuovamente, Matt guardò di nuovo verso la porta, troppo vicina, finendo per essere colpito sul naso.
«Oh mio Dio! Ti sei fatto male?» chiese una voce femminile che il ragazzo non riconobbe. Scosse la testa togliendo lentamente la mano dal viso, dove l’aveva portata subito dopo il colpo.
La ragazza davanti a lui era bassina, forse alta quanto Marlene, e aveva i capelli mossi e scuri e gli occhi di un verde tendente al castano.
«No.» bisbigliò in imbarazzo.
«Mi dispiace un sacco. Il vetro è tutto appannato e non ti avevo proprio visto.» si giustificò ancora.
«Non fa niente, non ti preoccupare.»
«Ti è rimasto il segno… Non ho nemmeno i cerotti in borsa. Torno da scuola e ho solo i libri.» disse ancora.
«Non c’è bisogno di nessun cevotto
«A la r moscia?» chiese divertita.
«No, perché?» rispose Matt, imbarazzato.
«Dove abiti?»
«Hem… Dietro al vicolo…»
«Non mi dirai che quella villa pazzesca è tua? Noi – io e le mie amiche – pensavamo che fosse disabitata. Una volta abbiamo anche provato a scavalc… Ops! Fai finta di non aver sentito.» disse velocemente, sotto lo sguardo stupito dell’ex Grifondoro.
«Sì, certo…» rispose.
«Oh, che scema! Mi chiamo Rachel, Rachel Quinn.» si presentò, offrendogli la mano.
«Matthew McKinnon.» rispose, stringendogliela.
«Mi dispiace un sacco per il naso.»
«Non fa niente.» ripeté. Rachel rise.
«Devo andare. Sembra che la pioggia sia diminuita. Aspetta, a che scuola vai?»
«Hem… ho finito.» rispose dubbioso.
«Ah… Sei grande. Lavori?»
«No.»
«E che fai tutto il giorno?» Matthew spalancò gli occhi. «Hai gli occhi azzurri! Che belli. Mi piacerebbe tanto avere gli occhi azzurri ma non ho la magia.» aggiunse ridendo. Il McKinnon perse qualche battito alla parola ‘magia’.
«Sì.» farfugliò.
«Ma che carino! Sei timido?»
«No!» si affrettò a negare. Rachel rise.
«Quanti anni hai?»
«Diciotto.»
«Io sedici. Non sei troppo più grande di me! Ora devo proprio scappare. Ci vediamo in giro, Timido Maghetto.» salutò di corsa, uscendo dalla tabaccheria con la cartella con i libri in testa per non bagnarsi troppo.
Che carica, pensò Matt, uscendo poco dopo di lei.
Quando entrò a casa, pochi minuti dopo, Marlene gli saltò addosso.
«Dove sei stato per tutto questo tempo? Mi hai fatto preoccupare!» lo rimproverò.
«Lo so, scusami.»
«Morgana, cosa hai fatto sul naso? Ti hanno attaccato? Lo sapevo che dovevamo andare in due!»
«Lene, calmati. Una ragazza mi ha sbattuto la porta in faccia per sbaglio.»
«Hai incontrato una ragazza?» Matt annuì.
Più che una ragazza, a pensarci, sembrava un uragano in gonnella.
«Mi ascolti?» fece Marlene, muovendo una mano davanti al viso del fratello.
«Sì, sì. Vorresti avere gli occhi azzurri.»
«Dì un po’: hai buttato giù qualche strana pozione? Guarda che sto cercando di dirti che papà arriverà a momenti e tu sei bagnato fradicio!» puntualizzò la strega, divertita dall’aria tonta del fratello. «Ti ha stregato questa ragazza.» ridacchiò poi.
«No, no. Lei non ha la magia.» rispose Matt, avviandosi in camera sua.

 Scusate mille per il ritardo ma non trovavo da nessuna parte questo capitolo e, visto che sono cocciuta xD, non ho voluto farne uno nuovo!!
Spero che vi piaccia :) Mi sono divertita molto a "guidare" Matt :D lo adoro ^^
Alla prossima,
Winged

martedì 20 novembre 2012


3. Hogwarts

Fu come essere risucchiati da un aspirapolvere gigante che inghiottiva i colori, faceva allungare gli oggetti e poi aveva trascinato tutti nel buio più totale.
Caddero con un tonfo su un suolo umidiccio e rimasero in silenzio qualche istante, attendendo di riprendersi dallo spavento dei minuti precedenti.
«Vi scongiuro: ditemi che non sono stata sdraiata vicino all’erba!» piagnucolò Federica alzandosi di corsa e cominciando a saltellare.
«Non ci credo che la prima cosa che sei riuscita a pensare è che potrebbero esserci serp…» cominciò Caterina prima di essere interrotta a metà parola dalla gemella Donati che la invitava a fare silenzio.
«Non ripetere quel nome! CHE SCHIFO!» gridò muovendosi come se davvero avesse un animale addosso.
« La prima cosa che ho pensato io è che spero che il prato non vada a fuoco altrimenti un Liopleurodonte ci viene a chiedere venti euro!» rise Caterina, riferendosi al dinosauro di Charlie: un video che aveva guardato su youtube.
«What the fuck?!» disse Maurizio alzando un sopracciglio, scettico.
«Ma sei cretina? Tu batti i piedi e passa la paura» fece Cristina guardandosi attorno.
Così come le era stato detto, Federica cominciò a pigiare con più forza i piedi per terra dopo ogni salto poi si avvicinò al fratello e gli si aggrappò al collo.
«Ti prego portami in braccio» bisbiglio nel panico. Maurizio sbuffò sciolse l’abbraccio della sorella per poi tenderle semplicemente la mano.
«In braccio no. Accontentati» fece poi. Una smorfia si dipinse sul suo volto dopo che Federica gliela ebbe stretta convulsamente nella sua.
«Secondo voi dove siamo?» chiese Andrea.
«A Castel Fusano. Lo so perché qui venivo a giocare a Guerra Simulata» raccontò Giulia.
«Secondo me è la pineta di Ostia» disse Caterina.
«Non dire cretinate! Questi non sono pini Marittimi!» esclamò Federica, continuando ad avvicinarsi a Maurizio.
«Io vorrei sapere come ci siamo finiti qui, più che altro» si intromise Cristina avvicinandosi a Giulia e stringendole un polso per evitare che saltellasse in giro e sparisse dalla visuale.
«Non lo so…» pigolò Andrea, confuso.
«GUARDA!» gridò Giulia indicando un punto al di là degli alberi. «Visto che ho ragione io?! Siamo a Castel Fusano infatti lì c’è un tizio travestito da centauro! CIAO» gli altri cinque si voltarono subito a scrutare i cespugli in lontananza fino a cogliere anche loro la sagoma di un essere metà uomo e metà cavallo.
«A me sembra fin troppo realistico» commentò Andrea.
«No… è sicuramente un’impressione» fece Maurizio, palesemente incapace di nascondere un po’ di paura.
«Chiunque sia non è uno che vorrei avere come compagno di classe!» disse Cristina.
«Tu non vorresti avere nessuno come compagno di classe» le ricordò Federica.
«Io odio i centauri.» aggiunse l’altra.
«Ci tira una freccia» fece presente Giulia senza smettere di fissarlo.
Proprio in quell’istante qualcosa si schiantò contro la terra a qualche passo da loro e, dopo un gemito di spavento collettivo e un passo in dietro, ebbero la conferma di ciò che aveva detto Giulia.
«Ma è matto?» si arrabbiò Cristina, pronta ad andare a digliene quattro.
«Vengo con te! Ma chi è questo cretino?!» si spazientì anche Federica, dimenticando per qualche istante la possibilità di incontrare un serpente lungo la strada.
«Buone tutte e due!» le fermò Andrea, tirando Cristina per la maglia mentre Maurizio continuava a stringere la mano della sorella.
«Tanto viene lui» disse Giulia, ridacchiando.
L’uomo-centauro batté un piede a terra qualche volta, alzando la polvere attorno a lui poi parve prendere la rincorsa e cominciare a galoppare verso di loro scoccando un’altra freccia.
«Merda» imprecò Cristina.
«Correte!» gridò invece Andrea tirando Giulia per un braccio.
Cominciarono a correre trascinandosi a vicenda, evitando le frecce e cercando di non farsi recuperare dal centauro che gli era alle calcagna.
«Sbrigati!» gridò Maurizio tirando con più forza il braccio della sorella.
«Non… ce… la faccio… più…» biascicò Federica col fiatone, rallentando man mano che palava.
«Non è il momento! Ti riposi dopo» insisté lui.
«FEDERICA C’È UN SERPENTE DIETRO DI TE!» urlò Cristina correndo poco più avanti dei due fratelli.
«CHE SCHIFO!» gridò a sua volta Federica accelerando il passo e piagnucolando imprecazioni e insulti ad un animale che in realtà non c’era. «Non voglio morire così! Non voglio che mi tocca quel coso schifoso e viscido!» si lamentò quasi piangendo e facendo strani movimenti.
«L… Luce! » la interruppe Caterina, anche lei col fiato corto, intenta ad indicare una zona più luminosa al di là delle file di alberi.
Man mano che si avvicinavano la luce diventava più chiara, cominciarono a pigiare i piedi sull’erba e non più sul terriccio fino a ritrovarsi in uno spiazzo verde sul quale si imponeva un pesante castello antico.
I sei ragazzi rallentarono quasi in contemporanea.
«Non. Ci. Credo!» disse Maurizio bloccando per un braccio la sorella che continuava a correre. «Non c’è nessun serpente, Fede» le disse poi, continuando a fissare l’inverosimile panorama davanti ai loro occhi.
«Mio Dio! Hogwarts?» gridò Federica sbarrando gli occhi dimenticando l’insulto per Cristina e il fratello che le era poggiato sulla punta della lingua.
«Hog-che?» domandò Andrea.
«Porca…» cominciò Cristina.
«C’È DRACO?!» gridò Caterina, emozionata.
«NO! Ci deve essere Sirius» disse Federica.
«Riveliamogli un segreto: la Terra gira intorno al Sole!» fece Giulia scoppiando a ridere.
«Lo sanno,Giulia» disse Maurizio.
«Esseri umani» dichiarò Andrea indicando una ragazza dai lunghi capelli biondi e con un cerchietto nero  accompagnata da due ragazzi più alti di lei uno altrettanto biondo e uno…
«Ma di che colore sono i capelli del tizio al centro?» chiese poi.
«Daltonico! Terra di Siena naturale» disse Cristina, osservandoli scettica.
Nel giro di qualche secondo i tre sconosciuti erano di fronte a loro.
«Who are you?» disse la ragazza bionda.
«Oh merda…» imprecò Federica, incapace in inglese, seguita da un gemito collettivo..
«Bene… Ultima verifica d’inglese: quanto avete preso?» chiese Cristina, a mo’ di conta.
«3!» rispose Andrea;
«3 e mezzo» Giulia;
«4» Federica;
«5» Maurizio;
«5+» Cristina;
«5 e mezzo!» Caterina.
«Tutti tuoi!» risposero in coro gli altri.
«Hem… Bene.. We speak only italian» cominciò Caterina gridando come se avesse avuto a che fare con persone sorde e non straniere.
«Ok…» commentò il ragazzo biondo.
«My name is Caroline Webb and they are Holy Angel and…»
«Sì, sì, non mi interessa! Conosci Draco Malfoy? Do you know Draco Malfoy?» la interruppe Caterina.
«Ma no! Sirius Black! Do you know it?» si intromise Federica.
«Him, Fede…» la corresse Maurizio con aria disperata.
«What? The notorious, murderer Sirius Black? Are you crazy?» disse Caroline, improvvisamente agitata.
«Questa prende le botte!» si scaldò la ragazza prima di essere fermata da Maurizio.
«Cate, chiedigli in che anno siamo» propose Andrea.
«Sì. What time is it?» chiese Caterina.
« Is a quarter to five p.m.» rispose Holy Angel.
«Oddio!» fece Andrea.
«SHE MEANS THE YEAR!» gridò Cristina.
«Oh! We are in 1988» disse il ragazzo con I capelli Terra di Siena che non si era ancora presentato.
«Posso fare il vampiro? Quanti punti esperienza mi date? E l’armata Turca?» domandò Giulia, emozionata.
«Non sei a Guerra Simulata» le ricordò gentilmente Andrea.
«Voi non sapete cosa sto provando…» disse Federica, triste.
«Io ti capisco» piagnucolò Caterina.
«NON C’È SIRIUS!»
«NON C’È DRACO!»
Le due frasi partirono nello stesso istante e le due ragazze si abbracciarono sotto lo guardo stupito degli amici e dei tre maghi.
«If you follow me I’ll take you in the castle» disse Caroline, cordiale.
«Cos’ha detto?» chiese Federica.
«E dove vanno?» aggiunse Andrea.
«Ci portano dentro» tradusse Cristina.

Buon giorno :)
Scritto oggi durante l'autogestione ^^ Spero vi sia piaciuto :D
Baci,
Win

lunedì 19 novembre 2012



2. Una chiamata

12 ore prima
Una giornata qualunque, esattamente uguale a quella precedente e quasi sicuramente anche alla successiva.
Maurizio Donati, sul pianerottolo di fronte al portone di casa sua, continuava a pigiare con forza il pulsante dell’ascensore, sbuffando e battendo ritmicamente il piede per terra.
«Federica, ti muovi?!» chiamò a voce alta incurante del fatto che fossero appena le sette e cinquantacinque di mattina.
Sua sorella, come al solito, era rimasta mezz’ora nel letto a stiracchiarsi e cambiare posizione come se avesse voluto riprendere il sonno, un quarto d’ora a fare colazione guardando la televisione e i restanti dieci minuti ad imprecare su quanto fosse in ritardo: tipico di lei!
«Eccomi» disse la ragazza saltellando su un piede verso il fratello, intenta ad allacciarsi una scarpa.
«Buon Dio! Sono stivali, non vanno allacciati!» le fece presente il fratello gemello, palesemente infastidito.
Come tutte le mattine fu loro padre ad accompagnarli a scuola e a far in modo che,miracolosamente, arrivassero più o meno puntuali.
Una volta davanti al cancello di scuola, i due fratelli Donati si avviarono verso l’ingresso camminando l’uno affianco all’altro e voltandosi contemporaneamente quando una voce femminile strillò il loro nome, dietro di loro.
«Buon girono!» gridò Giulia Conti, una loro amica, inciampando su i suoi piedi e ruzzolando a terra per corrergli in contro.
«Giulia, ti sei fatta male?» gridarono in coro i due avvicinandosi frettolosamente a lei per assicurarsi che stesse bene.
«Ma che diamine ti corri?!» domandò retorica Cristina Falessi imprecando poco finemente.
«Tutto bene?» domandò Maurizio.
Il corpo quasi esanime della ragazza parve far un leggero scatto e i suoi occhi dietro le lenti scure degli occhiali da sole si aprirono istantaneamente.
«Ovvio! Ti pare?» fece allegra, facendosi aiutare dalle altre due amiche ad alzarsi.
«’Giorno» salutò Andrea Dagneli, raggiungendoli.
«CIAO MICHI! CIAMO CAMILLA! ’Giorno Dagnè» disse Giulia, sbracciandosi per attirare l’attenzione di coloro che salutava.
«La pianti di chiamarmi per cognome?!» si lamentò Andrea.
Quando la campanella suonò i cinque ragazzi si avviarono verso la loro aula chiacchierando del più e del meno.
«Volete sapere che è successo ieri mentre io e Giulia aspettavamo l’autobus alla fermata?» disse Cristina attirando l’attenzione degli altri mentre la suddetta Giulia correva avanti per prendere posti in aula.
«Racconta» la incitò Federica, impaziente.
«Stavamo parlando quando è arrivato un ragazzo che ci guarda e dice: “Giulia ma non mi saluti?”. Lei lo fissa per un sacco di tempo e poi conclude dicendo: “Se ti conoscessi ti saluterei!”» risero.
«Ma alla fine chi era?» domandò Maurizio.
«Era un amico di Fabio, l’ex suo, con il quale giocava sempre alla play station» rispose Cristina.
«Uno che non aveva mai visto, insomma» ridacchiò Andrea.
Arrivati in aula 19 sistemarono le borse accanto a quella di Giulia e tornarono a parlare fra di loro, nell’attesa dell’arrivo del professore.
L’aula era lunga e spaziosa con i banchi a U  e statue e bassorilievi posizionati lungo tutto il perimetro al di fuori delle finestre. I banchi occupati da Giulia erano quelli sulla fila destra, dove si sedevano sempre loro.
Circa quaranta minuti dopo l’inizio della lezione arrivò una ragazza correndo: Caterina Brunetti.
«Non è ancora arrivato?» domandò guardando dentro l’aula. Fu Federica, accanto al termosifone assieme ad altre compagne di classe, a risponderle che no, non c’era ancora.
«Che fortuna!»
La osservò meglio: cappello verde scuro, ombretto viola, sciarpa giallo ocra, cappotto rosso e zaino fucsia in spalla.
«Ma cosa c’entra l’ombretto viola?» domandò Federica, evitando di menzionare anche tutti gli altri colori che non capiva a cosa avesse abbinato.
«Ai disegnini sui calzini» rispose ovvia Caterina, indicando con l’indice in basso, verso le scarpe.
«Ciao Caterina» salutò Giulia prima di bloccarsi a guardarla. «Ma come ti sei vestita?» chiese poi, facendo scoppiare a ridere anche Andrea, Maurizio e Cristina che l’avevano seguita.
Il professor Felice arrivò in classe un quarto d’ora dopo, giustificando il suo ritardo dicendo che aveva fatto l’appello ad un’altra classe ma, in realtà, aveva ancora fra le mani un pacchetto di sigarette e un accendino blu scuro.
«Cominciate a lavorare» disse il professore sedendosi ed iniziando a sfogliare il Registro.
«Maurizio, ti posso fare il ritratto?» chiese la voce straordinariamente lenta e acuta di Noemi, in fondo all’aula.
«Oddio…» biascicò il Donati in risposta, scatenando le risate nei suoi cinque amici.
Il resto delle ore di scuola fu contornato da battute, risate e sgridate da parte dei professori e, una volta tornati a casa, i gemelli si presero la briga di contattare di nuovo gli altri amici per invitarli a passare una serata a casa loro, approfittando del fatto che i loro genitori sarebbero andati a cena fuori.
«Dovevo mettere a posto la mia stanza…» si lamentò Cristina, parlando a telefono con Federica da circa due ore.
«Fallo fare a tua sorella» rispose lei.
«Perché? Maurizio ti sistema la stanza?»
«No. Non si sistema la sua, perché dovrebbe farlo con la mia?»
«E allora cosa dici…»
«Che tu e tua sorella avete la camera insieme!»
«Sì ma sono le cose mie che sono in disordine. Senti un po’ ma che ti ha chiesto, oggi, Noemi ad architettura?»domandò Cristina, cambiando discorso e già ridacchiando sotto i baffi.
«Hai visto che ha chiesto a Mau di aiutarla a fare il cerchio in prospettiva e lui le ha detto che non era capace? Il che è, effettivamente, la realtà! Comunque poi ha chiamato me per lo stesso motivo e io le ho detto che visto che aveva sette l’anno scorso poteva arrangiarsi da sola… Tutto qui. Non sono stata nemmeno troppo crudele» raccontò Federica.
«Andrea e Caterina hanno riso per tutto il resto dell’ora!» fece l’altra. «Ora stacco. Ci vediamo fra un’oretta» salutò poi, riagganciando la cornetta.
Due ore dopo erano tutti e sei davanti al televisore a guardare un film.
 «Ma solo io ho fame?» chiese Giulia.
«Anche io» concordarono Federica e Cristina in coro prima di lanciarsi un'occhiata storta a vicenda.
«Pizza?» propose Caterina.
Maurizio prese il telefono e compose il numero che Andrea gli dettava, leggendolo da un foglietto attaccato ad un quadro accanto a pareti tappezzate di poster con Sirius Black: la stanza di Federica.
«Pronto? Pizzeria da Cristofer» rispose una voce dall’altra parte della cornetta.
Ad un tratto il pavimento sembrò scivolare in un buco comparso misteriosamente al centro della stanza, l'arancio scuro delle pareti venne risucchiato dal nero e i sei ragazzi gridarono prima che tutto diventasse buio.


Ecco a voi il primo vero capitolo :D
Alla prossima,
Win :D

1. Prologo

«Ma solo io ho fame?» chiese Giulia.
«Anche io» concordarono Federica e Cristina in coro prima di lanciarsi un'occhiata storta a vicenda.
«Pizza?» propose Caterina.
Maurizio prese il telefono e compose il numero che Andrea gli dettava, leggendolo da un foglietto attaccato ad un quadro in una stanza dove le pareti erano tappezzate di poster con Sirius Black: la stanza di Federica.
«Pronto? Pizzeria da Cristofer» rispose una voce dall’altra parte della cornetta.
Ad un tratto il pavimento sembrò scivolare in un buco comparso misteriosamente al centro della stanza, l'arancio scuro delle pareti venne risucchiato dal nero e i sei ragazzi gridarono prima che tutto diventasse buio.



Bene xD
Nell'immagine del prossimo post vedrete i Free Shareholders al completo :D
Siamo Cristina, Andrea, Maurizio, Caterina, Giulia e io :3 il nome significa Liberi Azionisti e lo abbiamo scelto (idea di Caterina!) perchè un nostro professore ci chiama così :D
Questa storia ci sta facendo ridere come poche!!! XD la sto scrivendo (più o meno xp) a 4 mani con Cristina :P
Spero vi piaccia e vi strappi un sorriso su ogni sciocchezza narrata ^-^

Baci,
Win <3


martedì 6 novembre 2012


Tears

Avrebbe potuto negarlo fino allo svenimento ma dentro di lei sapeva che nemmeno il Babbano più sciocco le avrebbe creduto.
Poteva ripetersi a gran voce, in solitudine, che non era certo colpa sua se il suo primogenito era venuto su così.
Eppure più lo guardava più si sentiva sprofondare dietro la consapevolezza di quanto lui le somigliasse.
Gli occhi grandi e capaci di essere rassicuranti e, un attimo dopo, di intimidire chiunque, di un grigio ghiaccio che se osservato da vicino pareva cambiare le sfumature di azzurro chiaro qua e la in un nero profondo, scuro come la pece.
Il naso diritto, le labbra carnose e perfette, un piccolo neo poco sotto l’occhio destro e il tutto su un viso delicato e duro al tempo stesso, incorniciato da capelli corvini lunghi fino a sfiorare le spalle larghe.
Il suo volto era pura contraddizione.
Bellissimo: meglio non sarebbe potuto venite, il suo Sirius, ma così tremendamente testardo e ribelle da metterle addosso la voglia di strappargli quella luce dagli occhi e quel sorrisetto sbruffone sull’angolo del labbro inferiore.
Sirius era capace di martoriarle gli impulsi più affabili ancor prima che questi avessero il tempo di accarezzarle l’animo.
Ma non era stato sempre così.
Ricordava la prima volta che lo aveva preso fra le braccia, come quella creaturina fosse riuscita ad accendere in lei un amore indescrivibile.
Non avrebbe mai pensato di poter vedere quel sentimento affievolirsi a tal modo, scivolare via tra le sue dita, sbiadire dietro una rabbia troppo accesa per poter essere accantonata. Non svanire del tutto: quello sarebbe stato impossibile, ma venire oscurato dal’odio per ogni suo sbaglio e per l’orgoglio al quale non voleva cedere per dare spazio ai suoi capricci – che poi capricci non erano!
Tutto aveva pensato, Warburga, meno che a vederlo così forte e capace di fare le scelte più difficili senza contare su nessuno.
Sirius l’aveva sfidata con lo sguardo quella vigilia di Natale, dopo una delle più violente litigate.
Quando lei lo aveva visto passare per il corridoio con il suo baule e con l’orgoglio e la rabbia che gli dipingevano una maschera rappresa sul volto ancora da bambino ma che l’aveva guardata con occhi da ragazzo più grande.
Quindici anni e poco sale nella zucca, si era detta la signora Black. Lo aveva chiamato per nome e gli aveva chiesto, burbera, che intenzioni aveva.
Il Grifondoro aveva risposto in malo modo e Walburga gli aveva tirato uno schiaffo in piena guancia.
Aveva visto la carnagione chiara arrossarsi e lacrime trattenute lucidare gli occhi del suo primogenito.
Si aspettava il solito scoppio di urla, qualcosa con la quale sarebbe stata più o meno in grado di cavarsela, non vederlo voltarsi e camminare spedito fino alla porta.
«Se esci da questa casa, Sirius, giuro che dimenticherò per sempre di aver avuto un altro figlio al di fuori di Regulus. La pagherai cara, Sirius.» disse sottovoce mentre suo figlio era immobile con la maniglia del portone già sotto il palmo della mano.
Non credeva che lo avrebbe fatto, eppure Sirius aveva spinto con forza il pomello a forma di serpente verso il basso ed era uscito di casa sbattendosi la porta alle spalle.
L’unica cosa che era riuscito a pensare mentre sua madre gridava la sua rabbia ed incendiava l’immagine del primogenito dall'albero genealogico della sua famiglia, incapace di reprimere le lacrime, era che in nessun posto, in nessun tempo mai, una madre avrebbe dovuto perdere l’amore per il figlio a quel modo.
E alla fine anche Sirius venne travolto dalle stesse lacrime della madre, ira e dolore, ed esse gli erano scivolate lungo le guance calde, lasciando una scia umida che si congelava al contatto con l’aria pungente che segue le nevicate. Ma quel freddo non lo uccideva come ciò che provava…
Dentro di lui sapeva che per sempre avrebbe strutto l’affetto materno che gli era stato negato.

Personalmente credo che l'amore di una madre verso il proprio figlio sia una cosa che non può che non essere spontanea, qualcosa che sicuramente non può essere accantonata per nessuna ragione...
Mi sono sempre chiesta cosa pensasse Walburga Black e credo che nonostante tutto anche lei abbia sofferto...
Ciò non significa che sono dalla sua parte.. Non la sopporto! Ma mi è venuta questa fic su di lei e non ho potuto far a meno di darle un po' di sentimenti...
Mercoledì 31 Ottobre è nata mia cugina - si chiama Anita - e l'ho amata alla follia fin dal primo istante che l'ho vista e credo che quello che prova una madre è più del doppio o del triplo quindi, qualsiasi cosa abbia fatto cambiare idea a Walburga riguardo questo amore, prima c'era.
Comunque spero che la storia vi sia piaciuta ^^
Buona serata e buona notte a tutti :)