2. Una chiamata
12 ore prima
Una giornata
qualunque, esattamente uguale a quella precedente e quasi sicuramente anche
alla successiva.
Maurizio
Donati, sul pianerottolo di fronte al portone di casa sua, continuava a pigiare
con forza il pulsante dell’ascensore, sbuffando e battendo ritmicamente il
piede per terra.
«Federica, ti muovi?!» chiamò a voce alta incurante del fatto che
fossero appena le sette e cinquantacinque di mattina.
Sua sorella,
come al solito, era rimasta mezz’ora nel letto a stiracchiarsi e cambiare
posizione come se avesse voluto riprendere il sonno, un quarto d’ora a fare
colazione guardando la televisione e i restanti dieci minuti ad imprecare su
quanto fosse in ritardo: tipico di lei!
«Eccomi»
disse la ragazza saltellando su un piede verso il fratello, intenta ad
allacciarsi una scarpa.
«Buon Dio! Sono stivali, non vanno allacciati!» le fece presente il fratello gemello,
palesemente infastidito.
Come tutte
le mattine fu loro padre ad accompagnarli a scuola e a far in modo che,miracolosamente,
arrivassero più o meno puntuali.
Una volta
davanti al cancello di scuola, i due fratelli Donati si avviarono verso
l’ingresso camminando l’uno affianco all’altro e voltandosi contemporaneamente
quando una voce femminile strillò il loro nome, dietro di loro.
«Buon girono!» gridò Giulia Conti, una loro amica,
inciampando su i suoi piedi e ruzzolando a terra per corrergli in contro.
«Giulia, ti sei fatta male?» gridarono in coro i due avvicinandosi
frettolosamente a lei per assicurarsi che stesse bene.
«Ma che diamine ti corri?!» domandò retorica Cristina Falessi imprecando
poco finemente.
«Tutto bene?» domandò Maurizio.
Il corpo
quasi esanime della ragazza parve far un leggero scatto e i suoi occhi dietro
le lenti scure degli occhiali da sole si aprirono istantaneamente.
«Ovvio! Ti pare?» fece allegra, facendosi aiutare dalle altre
due amiche ad alzarsi.
«’Giorno»
salutò Andrea Dagneli, raggiungendoli.
«CIAO MICHI! CIAMO CAMILLA! ’Giorno Dagnè» disse Giulia, sbracciandosi per attirare
l’attenzione di coloro che salutava.
«La pianti di chiamarmi per cognome?!» si lamentò Andrea.
Quando la
campanella suonò i cinque ragazzi si avviarono verso la loro aula
chiacchierando del più e del meno.
«Volete sapere che è successo ieri mentre io e
Giulia aspettavamo l’autobus alla fermata?»
disse Cristina attirando l’attenzione degli altri mentre la suddetta Giulia
correva avanti per prendere posti in aula.
«Racconta»
la incitò Federica, impaziente.
«Stavamo parlando quando è arrivato un ragazzo
che ci guarda e dice: “Giulia ma non mi saluti?”. Lei lo fissa per un sacco di tempo e poi
conclude dicendo: “Se ti conoscessi ti saluterei!”» risero.
«Ma alla fine chi era?» domandò
Maurizio.
«Era un amico di Fabio, l’ex suo, con
il quale giocava sempre alla play station» rispose Cristina.
«Uno che non aveva mai visto, insomma»
ridacchiò Andrea.
Arrivati in aula 19 sistemarono le
borse accanto a quella di Giulia e tornarono a parlare fra di loro, nell’attesa
dell’arrivo del professore.
L’aula era lunga e spaziosa con i
banchi a U e statue e bassorilievi
posizionati lungo tutto il perimetro al di fuori delle finestre. I banchi
occupati da Giulia erano quelli sulla fila destra, dove si sedevano sempre
loro.
Circa quaranta minuti dopo l’inizio
della lezione arrivò una ragazza correndo: Caterina Brunetti.
«Non è ancora arrivato?» domandò
guardando dentro l’aula. Fu Federica, accanto al termosifone assieme ad altre
compagne di classe, a risponderle che no, non c’era ancora.
«Che fortuna!»
La osservò meglio: cappello verde
scuro, ombretto viola, sciarpa giallo ocra, cappotto rosso e zaino fucsia in
spalla.
«Ma cosa c’entra l’ombretto viola?»
domandò Federica, evitando di menzionare anche tutti gli altri colori che non
capiva a cosa avesse abbinato.
«Ai disegnini sui calzini» rispose
ovvia Caterina, indicando con l’indice in basso, verso le scarpe.
«Ciao Caterina» salutò Giulia prima di
bloccarsi a guardarla. «Ma come ti sei vestita?» chiese poi, facendo scoppiare
a ridere anche Andrea, Maurizio e Cristina che l’avevano seguita.
Il professor Felice arrivò in classe
un quarto d’ora dopo, giustificando il suo ritardo dicendo che aveva fatto
l’appello ad un’altra classe ma, in realtà, aveva ancora fra le mani un
pacchetto di sigarette e un accendino blu scuro.
«Cominciate a lavorare» disse il
professore sedendosi ed iniziando a sfogliare il Registro.
«Maurizio, ti posso fare il ritratto?»
chiese la voce straordinariamente lenta e acuta di Noemi, in fondo all’aula.
«Oddio…» biascicò il Donati in
risposta, scatenando le risate nei suoi cinque amici.
Il resto delle ore di scuola fu
contornato da battute, risate e sgridate da parte dei professori e, una volta
tornati a casa, i gemelli si presero la briga di contattare di nuovo gli altri
amici per invitarli a passare una serata a casa loro, approfittando del fatto
che i loro genitori sarebbero andati a cena fuori.
«Dovevo mettere a posto la mia
stanza…» si lamentò Cristina, parlando a telefono con Federica da circa due
ore.
«Fallo fare a tua sorella» rispose
lei.
«Perché? Maurizio ti sistema la
stanza?»
«No. Non si sistema la sua, perché
dovrebbe farlo con la mia?»
«E allora cosa dici…»
«Che tu e tua sorella avete la camera
insieme!»
«Sì ma sono le cose mie che sono in
disordine. Senti un po’ ma che ti ha chiesto, oggi, Noemi ad
architettura?»domandò Cristina, cambiando discorso e già ridacchiando sotto i
baffi.
«Hai visto che ha chiesto a Mau di
aiutarla a fare il cerchio in prospettiva e lui le ha detto che non era capace?
Il che è, effettivamente, la realtà! Comunque poi ha chiamato me per lo stesso
motivo e io le ho detto che visto che aveva sette l’anno scorso poteva
arrangiarsi da sola… Tutto qui. Non sono stata nemmeno troppo crudele» raccontò
Federica.
«Andrea e Caterina hanno riso per tutto
il resto dell’ora!» fece l’altra. «Ora stacco. Ci vediamo fra un’oretta» salutò
poi, riagganciando la cornetta.
Due ore dopo erano tutti e sei davanti
al televisore a guardare un film.
«Ma
solo io ho fame?» chiese Giulia.
«Anche io» concordarono Federica e Cristina in coro prima di lanciarsi
un'occhiata storta a vicenda.
«Pizza?» propose Caterina.
Maurizio prese il telefono e compose il numero che Andrea gli dettava,
leggendolo da un foglietto attaccato ad un quadro accanto a pareti tappezzate
di poster con Sirius Black: la stanza di Federica.
«Pronto? Pizzeria da Cristofer» rispose una voce dall’altra
parte della cornetta.
Ad un tratto il pavimento sembrò scivolare
in un buco comparso misteriosamente al centro della stanza, l'arancio scuro
delle pareti venne risucchiato dal nero e i sei ragazzi gridarono prima che
tutto diventasse buio.
Ecco a voi il primo vero capitolo :D
Alla prossima,
Win :D
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