Quella che state per leggere è la leggenda dell'acqua di Silver. Ovviamente potete leggerla anche se non state leggendo la storia a capitoli ^^
Il disegno l'ho fatto io e ho dato la luce con il pc ^^
Il disegno l'ho fatto io e ho dato la luce con il pc ^^
Soffiava un
vento tiepido, tipico di quei primi giorni di Settembre. Nell’aria si respirava
il profumo dei gigli del campo vicino alla chiesetta e steli arancioni
vorticavano, mescolandosi con il rosso del tramonto.
Mentre il
sole spariva al di là dell’orizzonte e le onde si infrangevano sulle rocce, Elise
era calata nella penombra, la fronte imperlata dal sudore, il vestito sporco e
logoro in diversi punti e una strana luce tremolante negl'occhi grigi, come il colore
originario del suo vestito.
Il rumore
delle foglie di un cespuglio nei paraggi le fecero capire che il suo inseguitore
l’aveva raggiunta.
Un gemito le
uscì dalle labbra quando riprese a correre e tanta era la paura che nemmeno
quel cimelio tanto potente che teneva fra i capelli, riusciva a mandare qualche
impulso al suo intelletto.
Buttò uno
sguardo dietro e per la fretta rischiò quasi di inciampare ma riuscì a
riprendere l’equilibrio e a non lasciarsi sopraffare dalla stanchezza. Non ebbe
il tempo di tornare a guardare avanti che si scontrò con qualcosa di grande.
«No! Vi
prego… Giuro che non dirò a nessuno ciò che ho sentito. Nessuno saprà mai cosa
nascondete nel castello…» piagnucolò col viso coperto dalle mani.
«Elise?»
proferì una voce roca e profonda il cui proprietario certo non era Salazar
Slytherin, il suo inseguitore.
«Voi?» si
stupì la giovane, guardando l’uomo con il quale si era scontrata.
«Perché
siete ridotta in questo stato?» chiese ancora lui.
«Arriva!»
sussurrò Elise.
Velocemente si strinse il capo con le mani e strizzò gli occhi, accovacciandosi a terra e gridando con tutto il fiato che aveva in gola.
Velocemente si strinse il capo con le mani e strizzò gli occhi, accovacciandosi a terra e gridando con tutto il fiato che aveva in gola.
«Elise?»
ripeté l’uomo.
Un altro
cespuglio che si muoveva e un raggio di luce verde che mancò per pochi
millimetri il fianco del professore dalla voce profonda.
La ragazza
si alzò velocemente e buttò un’occhiata dietro sé, premette nuovamente sul
Diadema che portava fra i capelli, come a volersi accertare che fosse ancora lì
poi prese l’altro per mano e iniziò a correre di nuovo, seguita da lui.
«Cosa
succede, Elise?»
«Non è il
momento, Godric! Correte»
Davanti ai
loro occhi c’era una radura verde e una scogliera oltre la quale le onde del
mare si infrangevano ancora.
Elise si
bloccò appena in tempo e guardò l’uomo appena dietro di lei.
«Mi dispiace,
credetemi. Vi assicuro che non ho mai detto niente a nessuno di ciò che c’è
stato tra noi, professore… È stata tutta colpa mia. Ma sappiate che, qualunque
cosa stia per accadere, voi siete stato e siete tuttora la persona alla quale
tengo di più.» biascicò tra le lacrime.
«Cosa dite? Di
cosa parlate?» chiese Godric con la sua voce profonda dalla quale trapelava
ogni minuziosa sensazione a riguardo di ciò che stava succedendo.
«Signorina Morgan, cosa ci fate in giro per i corridoi a quest’ora
della notte?» domandò Godric guardando la studentessa di spalle fare un piccolo
saltino ed accostarsi al muro con gli occhi sbarrati.
«P-professor Gryffindor… I-io…» balbettò la strega.
«Priscilla mi dice che siete una studentessa brillante ed
impeccabile come poche, di certo non sarà contenta di sapere che violate una
regola così importante con tale superficialità.» la rimproverò duro.
«Mi dispiace, professore, ma ho bisogno di mandare una lettera e
non potevo aspettare fino al mattino.» si giustificò Elise con voce tremolante.
«Mi vedo costretto ad accompagnarvi, allora» concluse l’uomo
prendendo a camminare assolutistico verso la Guferia del castello.
«Non ce n’è bisogno, credetemi!» si affrettò a dire la
studentessa, spicciandosi a raggiungerlo per poterlo guardare in volto mentre
parlava.
«Non vi lascerò vagare per i corridoi del castello a quest’ora,
che voi siate intelligente o meno. A dir il vero, questo vostro atteggiamento,
mi dà numerosi sospetti nei confronti di ciò che mi ha detto Priscilla».
«So difendermi da sola» concluse Elise aggrottando la fronte ampia
e lanciando uno sguardo di sfida al suo insegnante.
Godric osservò l’espressione del volto della giovane con stupore,
le sopracciglia incurvate che formavano una piccola ruga nel mezzo, il naso
dritto arricciato e gli occhi grigi in grado di abbagliare con la loro
lucentezza nonostante fosse nell’ombra più totale.
«Ciò non cambia il mio parere, Elise Morgan» tagliò corto il
professore, tossicchiando imbarazzato.
Elise ebbe giusto pochi secondi per notare come le gote alte del professore
si fossero imporporate di un colore più acceso anche nella penombra del corridoio.
Scoccò un sorriso in sua direzione e strinse al petto la busta chiusa della sua
lettera.
«Scrivete ad un uomo fuori da Hogwarts?» domandò Godric, curioso e
al contempo vagamente agitato all’idea.
«Assolutamente no. È una lettera per mia madre»
«È una donna senza poteri, non è così?»
«Sì…»
«Quella sera
nel parco, mesi dopo la prima volta che abbiamo parlato... Vi assicuro che è
stato tanto nuovo per voi quanto lo è stato per me» balbettò Elise, lanciando
un’altra occhiata verso la foresta. «Dobbiamo spostarci di qui» continuò
prendendo di nuovo la mano dell’uomo e trascinandolo dapprima verso gli arbusti
dai quali erano scappati poco prima e poi, al suono di altri passi e all’ennesimo
raggio di luce verde deviato per chissà quale fortuna, la strega riuscì a
portare sia lei che l’altro verso il lato destro e correre giù, verso i
sentieri sterrati.
«Volete
dirmi per quale motivo qualcuno sta cercando di uccidervi?» gridò Godric
correndo poco dietro di lei.
«Ho sentito
troppo. Il diadema di Priscilla Ravenclaw è stato in grado di aiutarmi a
decifrare ogni singola informazione ricevuta è ho scoperto tutto» spiegò
affannata.
«Ancora non
capisco».
«Non è il
momento adatto Godric, o ve ne siete dimenticato?» Godric la prese per un polso
e la tirò con sé dentro una grotta mimandole di fare silenzio portandosi il
dito indice alle labbra.
«Non è voi
che vuole!» bisbigliò Elise, arricciando il naso proprio come aveva fatto
qualche anno prima, parlando per la prima volta con Godric.
«È piacevole parlare con voi, professor Gryffindor» disse Elise
sorridendo dolce e continuando a stringere fra le mani un libro dalla
rilegatura antica.
«Potete chiamarmi per nome, Elise, ve l’ho già detto» iniziò
Godric, sorridendo. «Confermo ciò che dite e anche quello che mi disse
Priscilla. In questi mesi ho avuto l’opportunità di conoscervi meglio ed è vero
ciò che dice lei: siete una ragazza dalla mente arguta e riuscite ad arrivare
alle realtà oggettive con molta rapidità» concluse poi.
«Sono cambiate molte cose in questi sette mesi, Godric. Priscilla Ravenclaw ha perso sua figlia
per via del Diadema e ha deciso di darlo a me per non vederlo più. Non sono
sicura di volerlo tenere. Sono diverse notti che vedo Helena…»
«So che non deve essere semplice. Sei molto coraggiosa»
«No, coraggiosa è una delle cose che proprio non sono!» negò Elise
mostrando al suo insegnante uno sguardo tediato e ricco di rammarico.
«Vi sbagliate. Ci vuole molto coraggio a portare quel Diadema dopo
ciò che è successo; vi aggirate per i corridoi da sola quasi tutte le notti…»
elencò Godric facendo sorridere la strega. «… e non avete paura di infrangere
le regole» concluse fermandosi e guardandola serio.
Anche Elise si fermò, prese un lembo dell’abito lungo e lo tirò su
per potersi voltare e camminare verso l’uomo senza rischiare di inciampare in
qualche radice.
Il castello alle loro spalle era nero contro la luce del tramonto
e l’erba del giardino emanava un calore invitante che nessuna farfalla riusciva
ad ignorare.
«Di quali regole parlate? L’unica che infrango è quella di uscire
fuori orario per i corridoi» disse anche lei seria prima di gettare un occhiata
e un sorriso dolce in direzione di un insetto poggiato su un fiore.
«Esistono anche delle regole che non sono scritte, Elise» disse
Godric, severo.
«Le regole sono fatte per essere infrante…» bisbigliò socchiudendo
le labbra.
Godric mosse un passo verso di lei e strinse la sua mano nella
propria poi, con infinita dolcezza, le posò un bacio sulle labbra.
«Fate
silenzio. Io non scappo, Elise, dovreste saperlo» sussurrò severo.
«Non siete
voi che avete sentito! » insistette lei tenendogli stretta la mano. «C’è un mostro ad Hogwarts che ucciderà tutti
i Mezzosangue» concluse agitata.
«Siete un insegnante, Godric! E lei è una vostra studentessa»
proferì Priscilla scuotendo la testa con rabbia.
«Lo so ma è una cosa che non posso fermare» rispose l’uomo con
voce neutra quasi quanto ciò che si diceva dentro.
Avrebbe dovuto seguire il suo cuore oppure i suoi doveri?
«Dov’è finito il vostro orgoglio?»
«È ancora qui, Priscilla, ve lo assicuro!»
«Avete nove anni più di lei! Elise è poco più di una bambina e voi
siete un uomo! Dovete troncare questa storia sul nascere» lo rimproverò la
donna scuotendo la sua chioma corvina come a voler spazzare via tutte le
preoccupazioni. «Dovete dimenticare lei e tutta questa storia!»
«Non voglio
dimenticare!»
«Un mostro?»
domandò incredulo Godric, preparandosi a combattere con l’inseguitore della
giovane.
«Se andate
voi verrò anche io» concluse Elise asciugandosi un’ultima lacrima solitaria che
ancora le rigava una guancia.
«Chi è che
vuole uccidervi?» chiese di nuovo.
«Salazar
Slytherin».
«Che cosa?»
strepitò Godric con voce troppo alta.
«Signorina Morgan vi prego di seguirmi nel mio ufficio per qualche
istante. Raggiungerete le vostre amiche nel giro di qualche minuto» tuonò la
voce del professor Gryffindor.
«Và, Elise. Ti aspettiamo in Sala Grande» la incoraggiò una
ragazza della sua stessa età con lunghi ricci scuri.
«Ti conserviamo un fetta di torta» bisbigliò un’altra con i
capelli più chiari, ridacchiando.
«Ci vediamo dopo» tagliò corto Elise camminando svelta verso il
professore ma prestando attenzione a non inciampare nei lembi del tessuto blu
cobalto del vestito lungo.
Godric non le diede il tempo di avvicinarsi troppo che subito
prese a camminare svelto verso la torre dove era collocato il suo studio.
Sentiva il ticchettio delle scarpe di Elise che camminava più lentamente dietro
di lui, ignara di ciò che lui stesso faceva ancora fatica a pensare e che
dubitava di riuscire a dire nel giusto modo.
Una volta arrivati davanti alla porta in legno scuro, il
professore si scansò di lato permettendo alla strega di entrare prima di lui.
«A chi avete raccontato di ciò che è successo la settimana scorsa
nel parco?» domandò sottovoce quando la porta fu ben chiusa.
«A nessuno» rispose ovvia la strega.
«E cosa intendevano le tue amiche?»
«Nessuno nega che siete un uomo di bell’aspetto. Non avete di che
preoccuparvi perché io…»
«Non perdete tempo in giustificazioni inutili e banali, Elise.
Dimenticate ciò che è successo: è stato un mio errore che non sarebbe dovuto
accadere» la interruppe Godric, irato.
«Cosa dite? Non era un errore se voi vi sentivate di farlo!»
proferì la strega, visibilmente disturbata.
«È stato solo un tremendo equivoco. Vi prego di perdonarmi e
dimenticare l’accaduto» concluse l’uomo riaprendo la porta e facendole segno di
andar via.
«Sapete una cosa, professor Gryffindor? Una volta mi diceste che
desiderate che tutti gli studenti siano coraggiosi, ricordate?» cominciò Elise
lanciandogli uno sguardo di disprezzo che per niente di intonava a lei stessa.
«Non capisco cosa centra»
«Voi volete ciò che non siete. Fra un mese io avrò terminato i
miei studi e andrò via di qui e vi dimenticherò, professore, ve lo assicuro. Ma
voi non dimenticherete mai quanto siete stato codardo» terminò uscendo dalla
stanza.
«Eccovi!
Madame dovevate aspettarvi che mi sarei sbarazzato di voi» farfugliò Salazar,
sadico , entrando nella grotta.
Elise
impiegò pochi secondi a lanciare uno schiantesimo non verbale a Godric ed
evitare che il suo inseguitore vedesse che non era sola.
Un “pietrificus totalus” e un “silencio”
bastarono a tenere il suo ex professore fermo e silenzioso.
«Mi dispiace…»
mimò in sua direzione.
«Vi giuro
che non sentirete niente. Avada Kedavra!» gridò Salazar.
Dalla punta
della sua bacchetta scaturì un raggio di luce verde che Elise riuscì ad evitare
scansandosi di lato. Mise il piede sul velo rovinato della sottoveste ed
inciampò, rovinando per terra.
«Avada Kedavra!» ripeté l’uomo, approfittando dell’attimo di debolezza di
Elise.
Stavolta fu
colpita.
Il suo corpo
scivolò lungo la superficie liscia della grotta scavata dall’acqua e quando la
sua mano toccò il suolo roccioso, i suoi capelli si sparsero attorno al suo
volto, gli occhi grigi spalancati a guardare la Morte che l’uomo immobilizzato
poco distante da lei, non vedeva.
Una risata
malefica e diversi passi che si allontanavano fino a quando Salazar Slytherin
non scomparve dal raggio visuale di un Godric che sentiva esplodere dentro di
se un fuoco di rabbia e dolore.
Non era
riuscito a fare niente per la sua Elise.
Aveva
rinunciato a lei due volte: la prima, quando Priscilla gli aveva chiesto di
starle lontano e la seconda, quando non aveva combattuto per lei.
Aveva
ragione: voleva coraggio ma lui per primo non era in grado di averne quando più
serviva, continuava a ripetersi.
Errori su
errori, ragionamenti su ciascuno degli istanti nei quali avrebbe potuto fare
centinaia di cose che non aveva fatto.
Quando l’incantesimo
finì, Godric mosse qualche passo verso il corpo esanime della Strega.
Strinse convulsamente una sua mano nella propria e si sentì invadere dalla freddezza di quella carne cerea e morta.
Strinse convulsamente una sua mano nella propria e si sentì invadere dalla freddezza di quella carne cerea e morta.
Lasciò
scorrere il dorso delle dita su una guancia prima rosea e calda.
Avrebbe
voluto gridare, piangere, fare qualcosa, eppure era immobile e incapace di esprimere
il suo dolore, incapace di fare qualsiasi cosa che non fosse restare accanto al
corpo di Elise.
Catturò una
lacrima con l’indice e la portò alle labbra, posandovi un bacio sopra.
Fu una mano
argentata a distrarlo. Quando alzò lo sguardo la mano del corpo della strega
gli scivolò dalla presa.
«Cosa…?»
balbettò incredulo.
«Prendete il
Diadema e consegnatelo ad Helena, vi prego…» disse la voce di Elise che ora
proveniva dal suo fantasma.
«Perché avete
scelto di restare?» domandò Godric, shoccato.
«Non posso
andarmene se prima non vi consegno queste» aggiunse lasciando che una scia
argentata le macchiasse le gote bianche. «Avete un ampollina?» domandò poi.
Godric continuò
a fissarla a bocca aperta. Guardò il corpo della strega accanto alle sue
ginocchia e prese il fiore di giglio che aveva fra i capelli. Un colpo di
bacchetta e divenne un’ampollina che l’uomo passò al fantasma con un brivido
lungo la schiena.
Lo spirito
di Elise lasciò che le sue lacrime argentate riempissero il contenitore che
tappò e riconsegnò a Godric.
«Questo devi
darlo a Priscilla, lei saprà cos’è…» concluse il fantasma, chiudendo gli occhi
in un’espressione di dolore.
«Perdonatemi,
Elise…» bisbigliò l’uomo prima di cedere al rammarico e lasciarsi andare.
«Vi ho già
perdonato… Addio. Vi amo» aggiunse dolce prima di penetrare nella roccia e
sparire dalla vista del mago.
«Anche io…»
sussurrò Godric stringendo un’ultima volta il corpo senza vita di Elise e
posandole un bacio sulla fronte.
«Vi amo
anche io» ripeté tenendo con forza il ciondolo e il Diadema, ciascuno in una
mano.
La città che
sorgeva vicino a quelle grotte prese il nome di Silver, come il colore delle
lacrime e del fantasma stesso della fanciulla.
Godric tornò
ad Hogwarts e consegnò il Diadema ad Helena ma Priscilla aveva perso la vita
così fu lui stesso a conservare il ciondolo e a tentare di decifrarne il
contenuto.
Perlustrò il
castello alla ricerca del mostro di cui gli aveva parlato la strega prima di
morire e tentò invano di ritrovare Salazar per vendicarne la morte stessa.
Le lacrime
di Elise, scoprì, potevano salvare da tutti i mali del corpo eccetto che dalla
morte. Esse erano in grado di concedere l’immortalità all’anima e al corpo
stesso, come suo involucro difensore e non come parte integrante di essa.
Alla sua
morte, Godric lasciò il ciondolo alla cugina di Helena che, a sua volta, lo
tramandò alla nipote, saltando una generazione.
Così il
ciondolo fu protetto e conservato dalla famiglia discendente da Priscilla
Ravenclaw ed ogni volta che veniva ceduto, veniva fatta una cerimonia nella
quale si alzava un vento magico che trasportava petali di giglio e, in
lontananza, si sentiva ancora Elise Morgan piangere.
Prima di lasciarvi volevo dirvi che questa storia partecipa ad una specie di Concorso. Non so se ho giocato bene le mie carte... A dir il vero mentre la scrivevo ero soddisfatta ma poi, quando l'ho riletta, non mi sembrava adatta. Comunque mi sono fatta coraggio e l'ho inviata. Come va va...
Mi interessa solo fare la mia figura, di certo non vincere ^^
Non è proprio un Concorso Concorso.... cioè xD è un Contest, se così si può chiamare :D
Spero che vi sia piaciuta.
Buona giornata...
Prima di lasciarvi volevo dirvi che questa storia partecipa ad una specie di Concorso. Non so se ho giocato bene le mie carte... A dir il vero mentre la scrivevo ero soddisfatta ma poi, quando l'ho riletta, non mi sembrava adatta. Comunque mi sono fatta coraggio e l'ho inviata. Come va va...
Mi interessa solo fare la mia figura, di certo non vincere ^^
Non è proprio un Concorso Concorso.... cioè xD è un Contest, se così si può chiamare :D
Spero che vi sia piaciuta.
Buona giornata...
Ciao,
RispondiEliminaSinceramente?
Si mi è piaciuta molto ...
Complimenti, soprattutto per la fantasia, che per uno scrittore è fondamentale, diciamo che è la sua anima?
Ancora complimenti.
Massimiliano
Sì più o meno ^^ Sono contenta che ti sia piaciuta :D Spero piaccia anche al Giudice :)
EliminaGrazie infinite,
Federica
Complimenti Federica, è bellissima e mi sono emozionata.
RispondiEliminaHai descritto i luoghi e le vicende in modo meraviglioso.
La tua fantasia vola molto in alto. Bravissima.
Scilla
Grazie Scilla... Sono contentissima che ti sia piaciuta! Grazie infinite. Ho cercato di rendere tutto al meglio per via del Contest: voglio esserne all'altezza. Come va va ma sono veramente contenta che ti sia piaciuta.
RispondiEliminaFederica